Spagna e Portogallo agitano il dibattito euopeo sul Recover Fund e fanno scoppiare un vero caso. I due governi iberici, infatti, non hanno intenzione di utilizzare la loro quota di prestiti del Recovery Fund. I soldi a fondo perduro sì, i prestiti con condizionalità no. I governi di Madrid e Lisbona hanno deciso di non inserire la richiesta di finanziamenti europei a tasso zero nei loro piani nazionali spediti a Bruxelles. La ragione principale è molto semplice: vogliono tenere sotto controllo il loro debito. Per la Spagna si tratta di oltre 70 miliardi, per il Portogallo una decina di miliardi. Come spiega Marco Bresolin su La Stampa, “Pedro Sanchez e Antonio Costa hanno sempre sottolineato che in questa fase i loro governi non ritengono necessario richiedere l’attivazione della linea di credito del Fondo Salva-Stati istituita per la pandemia”.
Semplicemente perché non conviene: i tassi dei due Paesi sono piuttosto bassi e al momento non ci sono problemi di liquidità, come hanno più volte spiegato i due leader. “Spagna e Portogallo non ritengono dunque conveniente chiedere i fondi del Recovery più o meno per gli stessi motivi per cui non intendono chiedere i prestiti del Mes: si tratta di soldi che devono essere restituiti, dunque che fanno aumentare il debito, e che si portano dietro una qualche forma di condizionalità”.
Nel caso del Mes i soldi devono essere spesi per sostenere i costi sanitari diretti e indiretti. Nel caso del Recovery sono condizionati all’implementazione delle riforme e all’attuazione degli investimenti chiesti da Bruxelles, che verserà i fondi a rate e soltanto in base al raggiungimento degli obiettivi. Secondo alcuni analisti, le condizionalità del Recovery Fund sarebbero persino più rigide rispetto a quelle del Mes. Il ragionamento italiano, invece, ha portato il governo a scelte diverse.
Il governo ha programmato di utilizzare tutti i fondi previsti dallo strumento “Next Generation EU”: non soltanto le sovvenzioni a fondo perduto (quasi 80 miliardi), ma anche i 127,6 miliardi di euro di prestiti che andranno restituiti e contribuiranno all’aumento del debito. L’utilizzo dei fondi è condizionato al rispetto delle riforme e degli investimenti in linea con le raccomandazioni Ue. Tra i principali Paesi dell’Eurozona, soltanto l’Italia (127,6 miliardi) e la Grecia (12,7 miliardi) hanno pubblicamente annunciato la loro intenzione di ricorrere a questo tipo di finanziamento.
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