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Recovery Fund, accordo a un passo. Perché ora Polonia e Ungheria sono pronte a dire sì

Si apre oggi a Bruxelles una nuova delicatissima sessione del Consiglio europeo che si preannuncia decisiva su temi importanti, su tutti il via libera alla riforma del Mes, la trattativa sul Next Generation Eu e, soprattutto, il Recovery Fund. Sul tavolo c’è una proposta tedesca che potrebbe superare il veto di Polonia e Ungheria che blocca l’intero bilancio Ue. Ai lavori partecipa anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ieri ha tenuto le sue comunicazioni al parlamento superando la scivolosa prova del voto sul Mes.

Come spiega TPI, “durante il Consiglio europeo, gli Stati cercheranno una soluzione per attuare l’accordo faticosamente raggiunto a luglio tra il parlamento europeo, la Commissione e il Consiglio sul Recovery Fund, dopo l’opposizione di Polonia e Ungheria che minacciano di mettere il veto sull’intero bilancio Ue (che include il Recovery Fund) perché contrarie al meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto. Nel caso in cui ci sia un’approvazione a 25 e non a 27, l’accordo non includerebbe l’approvazione del bilancio pluriennale Ue, e quindi dal prossimo 1 gennaio l’Unione si troverebbe in esercizio provvisorio”.

Nelle ultime ore, tuttavia, sono emersi spiragli d’intesa sulla base di una proposta avanzata dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, che punta alla mediazione. “Fonti diplomatiche europee fanno sapere – riporta TPI – che la presidenza tedesca ha messo sul tavolo un testo che ‘interpreta giuridicamente’ il meccanismo di tutela dello stato di diritto e che determinerebbe ‘la sospensione della procedura’ contro i Paesi accusati di non rispettare l’indipendenza della magistratura ‘finché la Corte europea di giustizia non si pronuncia’”.

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La proposta della presidenza tedesca “risponde alle preoccupazioni di tutti” in merito al meccanismo di tutela sullo stato di diritto. Il documento non tocca una virgola dell’accordo tra il Parlamento europeo e il Consiglio Ue”, assicurano le stesse fonti: l’erogazione dei fondi resterebbe quindi condizionato al rispetto dello stato di diritto, ma grazie a una dichiarazione politica allegata alle conclusioni del Consiglio europeo, si darebbe un margine di manovra ai paesi membri riconoscendone la sovranità.

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