La richiesta di legittimo impedimento avanzata da Matteo Salvini di fronte al tribunale di Torino, dove è imputato per vilipendio dell’ordine giudiziario, è stata respinta. E la motivazione getta ombre sul comportamento del leader della Lega, che aveva parlato di “impegni in Parlamento”, per bocca dell’avvocato Claudia Eccher all’apertura dell’udienza, quando però in realtà il Senato, del quale fa parte, non era riunito.
Il giudice ha così respinto la richiesta sostenendo che non ci siano ragioni per fermare il processo. Salvini avrebbe dovuto presentarsi in aula a Torino per essere interrogato per la vicenda risalente al 2016, quando durante un congresso regionale della Lega a Collegno, nel Torinese, aveva pronunciato frasi ritenute offensive sulla magistratura. “Difenderò qualunque leghista indagato da quella schifezza che si chiama magistratura italiana, che è un cancro da estirpare” aveva detto.
Il leader della Lega aveva chiesto un rinvio del dibattimento per la terza volta. In questa occasione, aveva parlato di legittimo impedimento e sostenuto che l’attività parlamentare non gli avrebbe permesso di lasciare la capitale oggi. “Non riconoscere il legittimo impedimento al senatore Salvini in questo momento di crisi di governo, mi pare sia un fatto abbastanza grave, quella del tribunale è un’ordinanza che priva il mio assistito dei suoi diritti civili” è stato il commento del legale di Salvini.
Il magistrato aveva fatto presente che l’impossibilità di partecipare a un dibattito in aula ed esercitare il diritto di voto sarebbe stato motivo legittimo di impedimento. In queste ore è però riunita la Camera per il voto di fiducia al premier Conte, non il Senato del quale Salvini fa parte. E così il giudice non ha accettato la richiesta e ha disposto che l’udienza proseguisse. A prendere la parola in aula non è stato quindi Salvini, ma uno dei partecipanti alla manifestazione leghista, chiamato come testimone della difesa: si tratta del sindaco di Novara, Alessandro Canelli.
Renzi, chat roventi dopo le parole di Conte: i parlamentari di Italia Viva si spaccano sul voto