Aveva anticipato di non voler rompere completamente con il passato, Mario Draghi, inserendo nella propria squadra di governo alcuni elementi che già avevano fatto del Conte bis. E così è stato. Ma la scelta dei nomi non può che far riflettere. Perché se è vero che le richieste dei partiti sono state in gran parte accontenate, con conferme importanti come quella di Di Maio o Speranza, è altrettanto evidente che si è voluta creare una cesura con quel mondo vicino all’Avvocato del Popolo.
Si era parlato innanzitutto della possibilità di un ingresso nell’esecutivo dello stesso Conte, premier per due volte consecutive. Così non è stato. E anche se in realtà l’ipotesi era parsa fin da subito troppo suggestiva, la sorpresa è stata nello scoprire che nessuno dei ministri legati in qualche modo a lui era stato lasciato al proprio posto. A partire da quelli che, nelle scorse settimane, si erano fatti in quattro per favorire la nascita di un terzo esecutivo guidato dall’Avvocato del Popolo, dopo lo strappo di Italia Viva guidato da Matteo Renzi.
Non confermato, ad esempio, Alfonso Bonafede, una delle figure più vicine a Conte in questi mesi. E fuori insieme a lui anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro. I due erano sempre stati indicati come fedelissimi dell’ormai ex premier e per entrambi la possibilità di un bis è sfumata.
Sorte analoga per Lucia Azzolina, che ha pagato a caro prezzo il caos nella gestione dell’emergenza sanitaria sul fronte scolastico, e per il titolare dell’Economia Roberto Gualtieri, un altro che aveva legato fortemente il proprio nome a quello di Conte. Per lui si era mossa persino Confindustria, invocando una conferma. Niente da fare. Passo indietro obbligato anche per Francesco Boccia, prima agli Affari Regionali e Autonomie. La “decontizzazione” del governo può dirsi così completa.
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