Sono bastate 24 ore per far finire la luna di miele tra Draghi e il blocco Lega. Dopo il giuramento dei ministri, è subito scoppiata la grana impianti sciistici. Poco prima della tanto attesa riapertura, il ministro della Salute, il riconfermato Roberto Speranza, ha firmato “un provvedimento che vieta lo svolgimento delle attività sciistiche amatoriali fino al 5 marzo 2021, data di scadenza del Dpcm 14 gennaio 2021”. Una vera e propria doccia fredda per gli operatori del settore – messi in ginocchio dalle precedenti chiusure – e che puntavano tutto su questa riapertura per risollevare i bilanci stagionali. La decisione, neanche a dirlo, ha subito mandato in tilt la Lega.
Imprenditori e operatori ora si trovano letteralmente spiazzati dal dietrofront dell’ultimo momento. Come piega TPI, “in diverse regioni lo sci sarebbe ripartito nelle prossime ore, a iniziare dalla Lombardia, dove il governatore Attilio Fontana, lo scorso 10 gennaio, aveva firmato un’ordinanza che ne autorizzava la riapertura degli impianti a partire da lunedì 15. Era in pratica tutto pronto per la ripartenza sulla base di un parere, poi superato da quello del 12 febbraio, di undici giorni fa nel quale il Cts dava il via libera sulla base di rigidi protocolli e una presenza dimezzata rispetto al consueto lungo le piste”.
Ma in serata il ministero della Salute ha diramato l’ordinanza che “tiene conto dei recenti dati epidemiologici comunicati venerdì 12 febbraio dall’Istituto Superiore di Sanità, attestanti che la variante ‘VOC B.1.1.7’, detta variante UK e caratterizzata da maggiore trasmissibilità, rappresenta una percentuale media del 17,8% sul numero totale dei contagi”. Lo stop alla riapertura degli impianti sciistici diventa immediatamente un problema politico, perché il provvedimento del ministro Speranza – appena riconfermato dal Governo Draghi – accende la miccia del malcontento leghista sull’operato del ministro Leu.
“La montagna, finora dimenticata, merita rispetto e attenzione: che risposte si danno e in che tempi al documento predisposto dalle regioni?”, scrivono i ministri Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia dopo il nuovo stop. “Non è solo questione di cifre: non è detto nemmeno che bastino i 4,5 miliardi richiesti quando la stagione non era ancora compromessa, probabilmente ne serviranno di più, a maggior ragione se ci sono altri stop. Gli indennizzi per la montagna devono avere la priorità assoluta, quando si reca un danno, il danno va indennizzato”. La Lega, ora al governo, soffia sul fuoco.
“Non si può continuare con il ‘metodo Conte’, annuncio la domenica e chiusura il lunedì, ad opera del trio Ricciardi-Arcuri-Speranza – attaccano i capigruppo Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari – Serve un cambio di passo e rispetto per la gente di montagna e per chi lavora, oltre a rimborsi veri e immediati: aldilà di Speranza, appena riconfermato ministro, è necessario un cambio di squadra a livello tecnico”. E anche i governatori di Valle d’Aosta e Piemonte criticano la decisione. “Sono allibito”, dice il presidente piemontese Alberto Cirio, perché le regole “non possono cambiare tutte le settimane”.
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