Nicola Zingaretti sceglie ancora Barbara D’Urso per le sue dichiarazioni. “Ci davamo del tu o del lei? Sennò partono tweet insultanti…”. “Chissenenimporta”. Inizia così il loro dialogo, ormai sempre più confidenziale. Dimissioni irrevocabili? “Sì, per fortuna il Pd non è il partito del leader ma di uomini e donne, con tante energie. Non vado via, non scompaio, combatterò con le mie idee”. Tramonta così la speranza di un ripensamento del segretario dimissionario. “Ho dato la scossa alla mia comunità, spero che il gruppo dirigente sarà più vicino alle persone. Ho percepito il rischio che il Pd implodesse. Il mio è stato un atto d’amore che rivendico”.
Si toglie però un sasso dalle scarpe, Zingaretti: “C’è una cosa che mi ha dato particolarmente fastidio. Tutti insieme, tutto il partito, tutto il gruppo dirigente, avevamo deciso di sostenere il governo Conte. Quando il tentativo è fallito, ci siamo girati e non c’era nessuno. Il pluralismo è importante, ma ora serve un chiarimento. Non si confonda il confronto delle idee con le furbizie”.
Poi Zingaretti, inaspettatamente, coinvolge nel suo attacco non soltanto gli avversari interni ma anche i suoi, tutti quelli che non lo hanno difeso abbastanza, soprattutto i big, la “freddezza” di Andrea Orlando e Dario Franceschini su tutti. Poi rivendica pure il suo endorsement alla D’Urso: “Barbara, la tua è una bella trasmissione, il populismo si combatte con la politica, non con la puzza sotto il naso. Io guardo le persone da vicino, non dal dirigibile”.
Poi conclude: “Chi sta bene nei salotti, si accomodi. Ma quel vespaio di polemiche è stato un segnale”. Zingaretti sgombra la strada da tentazioni di Campidoglio: “Faccio il governatore del Lazio, non è il mio obiettivo. Ma sarà la cosa più bella dei prossimi anni per chi ha passione politica”. Poi in quello stesso studio, dopo di lui, arriva Matteo Salvini: “È un avversario politico, siamo alternativi alla Lega, ma in questa fase… Eviti però troppe furbizie, dire tutto e il suo contrario”.
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