Le recenti regole per la Lombardia in zona arancione scuro, prevedono che anche la scuola materna sia chiusa, eccetto per i bambini disabili e con speciali necessità. Alcuni genitori però si sono domandati se questa modalità “speciale” più che un privilegio, possa emarginare ulteriormente chi è più fragile. “Davvero domani io porterò mia figlia in una scuola per disabili? Davvero l’unica soluzione possibile in questo momento è far stare in classe solo i bimbi fragili, mentre tutti i loro compagni sono in Dad?”. A porsi questi interrogativi è Federica Silva, mamma milanese di due bambine, la più grande delle quali, Sveva, ha sei anni, è disabile e frequenta il quarto anno di scuola materna all’asilo di via Anfossi. Dal 10 marzo la piccola potrà usufruire del servizio in presenza attivato dal Comune di Milano per piccoli gruppi di bambini in alcune sedi di scuole dell’infanzia della città.
Ai genitori però è già stato comunicato che “è altamente probabile che questi gruppi saranno composti solo da bambini con disabilità”, così come prevedono le norme emanate dal ministero dell’Istruzione. Proprio da qui nascono le perplessità dei genitori: “Io capisco che siamo in una situazione di emergenza e che il Comune e il ministero dell’Istruzione abbiano cercato di venire incontro alle famiglie con figli disabili, ma questo è davvero un pasticcio ed è giusto farlo presente – ha sottolineato mamma Silva – Domani porterò Sveva alla materna di corso XXII Marzo, ma non so ancora se lì troverà l’educatrice che la segue abitualmente, peraltro la quinta in quattro anni di asilo”.
Proprio per questo la madre di Sveva ha scritto un’email all’assessora all’Istruzione Laura Galimberti e alla direttrice dell’area Servizi all’infanzia del Comune di Milano, Beatrice Arcari, sottolineando queste problematiche e condividendo poi il testo sui social. “Sveva ha iniziato a parlare quest’anno e non è pensabile “lasciarla con una persona che non la conosca e che quindi rischierebbe di non capirla neppure – ha proseguito la madre – Se domani non troverò lì la sua educatrice, riporterò a casa mia figlia. Per i bambini disabili la scuola è ancora più importante di quanto lo sia per i loro coetanei, perché il percorso di crescita che garantisce è fondamentale”.
La soluzione prospettata non piace né a Federica Silva né “alle altre mamme nella mia stessa condizione con cui mi sono confrontata – ha proseguito Federica – Assomiglia troppo alle classi differenziali contro cui mio padre, ex preside, lottava negli anni Sessanta. Non possiamo fare passi indietro, tornando a qualcosa che è l’esatto contrario dell’inclusione”.
Ti potrebbe interessare anche: Christian, vescovo 43enne più giovane al mondo: “Perché non c’è età per amare il prossimo”