L’arrivo della prima ondata di coronavirus aveva bloccato tutte le attività di prevenzione, diagnosi e cura, anche quelle legate ai malati oncologici. A distanza di un anno dallo scoppio della pandemia, il paziente oncologico viene ancora messo nella condizione di scegliere se continuare il percorso di cura, o di interromperlo totalmente per paura del contagio. Così con l’emergenza sanitaria e in balia dei vari lockdown, anche le visite di controllo diventano telefoniche. Ma visto che si tratta di salute, ci sono pazienti che sono stanchi di ricevere questo servizio approssimativo: “Il Covid esiste ma esistono anche le altre malattie”. A parlare è Mariagrazia Tesse, operata di tumore al seno nel 2018 in un ospedale torinese. La donna fino allo scorso marzo ogni sei mesi come da protocollo si è sottoposta regolarmente alle visite di controllo in presenza.
Con l’arrivo del Covid e del primo lockdown, le cose sono cambiate, costringendo la donna (come tanti altri pazienti oncologici) a sospendere le cure e ad avere visite di controllo esclusivamente telefoniche . Lo scorso 3 febbraio, però Mariagrazia ha detto basta, e si presenta in ospedale di persona. “Ci sono i malati oncologici, quelli affetti da patologie autoimmuni gravi, da malattie neurodegenerative, non possiamo essere trascurati perché c’è il Covid, vogliamo persone di riferimento a cui rivolgerci e con cui confrontarci”.
“Ci sentiamo dimenticati – ha raccontato ancora la donna -, ma non è colpa nostra se siamo in tante ad essere malate, la colpa semmai è delle strutture che hanno pochi posti o che continuano a rimanere chiuse”.
In merito alle visite telefoniche Mariagrazia ha proseguito ancora dicendo: “Io sono una persona che reagisce, ho detto no alla visita telefonica e mi sono presentata in ospedale con i miei esami, ma tante altre donne, malate come me, hanno avuto solo visite telefoniche. Il problema poi — ha continuato ancora — non riguarda solo l’oncologia, ci sono tante altre patologie che devono essere seguite”.
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