In Aula non lo vede nessuno da un bel pezzo. Eppure, d’accordo con i suoi onorevoli colleghi, Luis Roberto Lorenzato continua a firmare le interrogazioni parlamentari presentate dalla Lega, anche se, di fatto, non mette piede in Parlamento. Il caso di Luis Roberto Lorenzato, esponente del partito di Matteo Salvini che si è trasformato in una sorta di fantasma, è finito in queste ore all’attenzione di diverse testate, che hanno raccontato di come il deputato, di origini brasiliane, si sia segnalato negli ultimi mesi per le pochissime presenze, con addirittura un solo volto nel corso degli ultimi 13 mesi. Un piccolo record.
A cercare di fare un po’ di chiarezza ci ha pensato Fanpage, che è riuscita a intervistare il diretto interessato. Il quale ha prima negato le sue tante assenze, poi è stato costretto ad ammettere che a causa delle restrizioni ai viaggi introdotte durante la pandemia, si è trovato nella situazione di non poter tornare in Italia. Un passaggio in realtà non troppo convincente, considerando che i politici godono di particolari privilegi e riescono a spostarsi senza troppe difficoltà da un capo all’altro del mondo, anche in piena crisi Covid-19.
La storia del deputato brasiliano della Lega che non si presenta più in Aula ha però anche altri risvolti. Il Fatto Quotidiano, infatti, ha raccolto la testimonianza di un suo collega di partito che ha dichiarato: “Forse è venuto un paio di giorni a luglio e stop”. Un po’ come certi compagni di scuola che dopo i primi giorni spariscono dietro una misteriosa nebbia, impenetrabile. Sul sito OpenPolis, dove ogni parlamentare ha una propria scheda, i numeri del leghista sono impietosi: assenze pari al 54,56% a cui si somma lo 0,16% di mancata presenza per “missioni”.
Il dato più eclatante arriva però dai voti, quasi sempre disertati. L’ultima partecipazione concreta ai lavori dell’Aula di Montecitorio risale infatti alla votazione sull’istituzione della Commissione Bibbiano, il 21 luglio 2019. Poi il nulla: per trovare un altro contributo, bisogna infatti arrivare al voto sul decreto Milleproroghe del 20 febbraio 2020, oltre un anno fa.
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