Nella primavera del 2018 aveva diffuso in una chat degli amici del calcetto delle immagini e video di atteggiamenti intimi della fidanzata, maestra in un asilo nel Torinese, senza avere però il suo consenso. La ragazza, riconosciuta da scuola e genitori, fu costretta a dimettersi dal suo posto di lavoro. Oggi 29enne, il colpevole di quell’episodio si è pentito del suo gesto: “Ho sbagliato a condividere quelle foto, non volevo farle del male. Il Tribunale mi ha fornito un’occasione di crescita”. All’uomo è stata concessa la messa alla prova come percorso alternativo per evitare processo e condanna: per dodici mesi il 29enne dovrà allenare una squadra di calcio composta da giovanissimi con disagi. “Allenerò dei ragazzi disabili – ha raccontato a La Stampa -. Un’esperienza che mi arricchirà dal punto di vista umano. Mi troverò in un contesto in cui sarà fondamentale l’attenzione all’altro”. Il ragazzo se l’è cavata perché all’epoca dei fatti il reato di revenge porn non era ancora stato inserito nella legislazione penale.
“Non pensavo, forse ingenuamente, che quegli scatti sarebbero stati divulgati – ha detto il 29enne ripensando al gesto -. Li avevo inviati in un gruppo chiuso, la chat dello spogliatoio del calcetto. Non volevo pubblicarli sui social e renderli fruibili a chiunque”. Gli scatti della maestra erano rimbalzati di cellulare in cellulare, tra compagni di calcetto, genitori degli alunni, colleghe e preside della scuola. E la giovane, vittima di pettegolezzi era stata costretta a lasciare il lavoro. Come ha spiegato il quotidiano, la vicenda poi è finita in in Tribunale. Tredici mesi di reclusione per violenza privata e diffamazione è la pena inflitta alla dirigente dell’Istituto, accusata di aver obbligato la giovane a dimettersi e di aver convinto le altre insegnanti a trovare un pretesto per poterla allontanare. Una mamma di una bambina dell’asilo e un’ex collega della maestra, che avevano inviato gli scatti a delle amiche, sono state condannate rispettivamente a un anno e a otto mesi. Il ventinovenne, difeso dall’avvocato Alessandro Dimauro, il processo l’ha evitato: all’epoca dei fatti il reato di revenge porn non era ancora stato inserito nella legislazione penale.
“Ho sbagliato a condividere quelle foto, è stata una sciocchezza che ho pagato cara. Ora il Tribunale mi ha fornito un’occasione di crescita – ha detto ancora il 29enne -. Non era mia intenzione farle del male, non è stata cattiveria. La scuola, invece, credo abbia agito per farla licenziare. Avessi una figlia, le direi di non inviare foto a nessuno, nemmeno a un fidanzato. Se il figlio fosse maschio gli insegnerei ad avere rispetto per le donne”.
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