Ricordate le urla di Salvini quando Conte prorogò lo stato di emergenza? Ricordate le parole, durissime, che parlavano di “dittatura”? Ecco, adesso Salvini è al governo, un governo guidato da Draghi, il quale, proprio come Conte, prorogherà lo stato d’emergenza, fino al 31 dicembre. Da Salvini, però, non una parola. Ora che lui è al governo non si tratta più di dittatura. Nonostante i contagi siano in calo, infatti, per Mario Draghi non è ancora arrivato il momento di “rilassarci” completamente: ecco perché nelle intenzioni del premier ci sarebbe quella di prorogare lo stato d’emergenza che scadrà il 31 luglio fino alla fine dell’anno. (Continua a leggere dopo la foto)
Troppe le variabili da considerare: campagna vaccinale non terminata, varianti del Covid, rientro dalle vacanze. Sono indiscrezioni che arrivano da Il Messaggero, che cita fonti “autorevoli” di Palazzo Chigi per le quali la proroga sarebbe “certissima”. “L’emergenza sanitaria a luglio non sarà finita – spiegano – come è evidente. E non sarà conclusa neppure la fase più intensa della campagna vaccinale. In più, ci sarà da affrontare la situazione che seguirà alle vacanze estive e garantire una ripartenza ordinata e sicura a settembre-ottobre. Insomma, abbiamo davanti mesi complicati, senza contare che c’è il rischio delle varianti”. (Continua a leggere dopo la foto)
Motivi validi che spingerebbero il premier a non privarsi di quei poteri straordinari con cui fronteggiare la pandemia. Grazie allo stato di emergenza il governo potrà infatti adottare altri Dpcm dopo il 31 luglio, comprese eventuali nuove restrizioni se – come è accaduto lo scorso anno- i contagi dovessero tornare a impennarsi dopo le vacanze estive nonostante la diffusione dei vaccini e, soprattutto, potrà gestire al meglio la fine della campagna vaccinale. (Continua a leggere dopo la foto)
Una campagna vaccina che, alla luce dei nuovi stop ad AstraZeneca e Johnson & Johnson richiede poteri speciali per risolvere il nodo degli approvvigionamenti dei vaccini. La decisione di Draghi dovrà essere comunque discussa in Consiglio dei ministri.
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