Una polemica di cui molti, probabilmente, avrebbero fatto volentieri a meno, quella che ha visto coinvolta la scrittrice Michela Murgia. Protagonista, in una campagna per le elezioni a Roma che si fa sempre più rovente, di accuse feroci nei confronti del candidato sindaco Carlo Calenda, dipinto come un sessita per un manifesto elettorale che aveva come protagonista la candidata Cecilia, senza un cognome specificato.
Scelta effettivamente bizzarra, considerando che solitamente i candidati ci tengono a scandire bene le proprie generalità. E che però è stata spiegata dalla stessa interessata. “Mi chiamo Cecilia Frielingsdorf. Per semplificare la possibilità di votarmi sono stata iscritta alle liste elettorali come Cecilia Frielingsdorf detta CECILIA. Spero di essere giudicata per le mie idee e non per il mio cognome”.
Alla Murgia, la spiegazione è parsa soltanto una scusa. Tanto che la scrittrice ha citato casi analoghi, come la vicepresidente del Consiglio Regionale dell’Emilia-Romagna Elena Schlein, storica militante Pd. Un esempio che però a molti utenti non è risultato convincente, tanto da far notare all’autrice quanto sia in realtà più semplice scrivere quel cognome sulla scheda elettorale e il fatto che la stessa Schlein, per sicurezza, si fosse tutelata dando la possibilità di votare per lei anche scrivendo “Elly” durante le ultime elezioni.
In molti, attraverso i social, hanno quindi accusato Murgia di aver voluto creare a tutti i costi una polemica inutile, fondata sul nulla. Quando invece, in un momento in cui la competizione tra i candidati si prepara a entrare nel vivo, un po’ di silenzio non avrebbe fatto male a nessuno.
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