Il social freezing consente alla donna di mantenere la possibilità di concepire in un tempo successivo utilizzando i propri gameti crioconservati. Anche se all’estero la pratica è ampiamente conosciuta, in Italia si stenta ancora a parlarne. Eppure in una società frenetica in cui ormai il periodo tra i 30 e i 40 anni è il momento migliore per fare carriera, il social freezing potrebbe consentire a tante donne di posticipare il progetto di una gravidanza senza rinunciare alle possibilità di concepimento di una donna giovane. Come è accaduto a Francesca, 34 anni, laurea in Economia all’ateneo di Tor Vergata a Roma, e una vita divisa tra la Capitale e Milano dove abita e lavora. Dopo la chiusura di una relazione decennale, si è ritrovata sola e senza prospettive future. “Sono stata presa da attimi di panico: e adesso che faccio? E se non trovo un uomo giusto che ne è del mio futuro, del mio desiderio di avere un bambino? Per me avere dei figli è molto importante”, ha raccontato la donna a Repubblica. Così a 30 anni Francesca ha deciso preservare la sua fertilità congelando i suoi ovociti.
“Ho preso un appuntamento in un centro di riproduzione assistita che mi aveva consigliato il mio ginecologo, Filippo Ubaldi (presidente Sifes, Società italiana fertilità e sterilità) – ha raccontato la donna al noto quotidiano -. Al primo incontro mi hanno chiesto perché volessi congelare gli ovociti e mi hanno spiegato qual era il percorso. Che avrei dovuto fare una terapia con iniezioni sulla pancia per stimolare la produzione di ovociti, che poi sarebbe stato fatto un prelievo in sedazione, in day hospital. Il tutto in due settimane. E mi hanno anche detto che ci sono limiti d’età per l’utilizzo di quegli ovociti, ma che le giovani statisticamente li usano in tempi brevi”. Oggi Francesca ha 34 anni ed un nuovo compagno, con cui sta maturando il desiderio di famiglia e figli in un prossimo futuro. “Con il social freezing mi sono regalata una possibilità. Ma non è detto che li utilizzi, magari decideremo presto di avere un figlio naturalmente, con il mio compagno”.
“Ho visto nel congelamento degli ovociti una sorta di assicurazione, anche se potrei non sfruttarla mai. O invece potrei farlo – ha detto ancora la donna -. Vedevo tutto nero e questa chance ha placato le mie ansie per il futuro. Sono stata fortunata a conoscerla”. Il social freezing significa “congelamento”, ma sarebbe meglio parlare di “vitrificazione” degli ovociti, una procedura simile a quella del vetro: si preleva una cellula uovo matura, la si pone in una provetta e la si immerge in una sostanza che vitrifica in pochi secondi. Un po’ come avviene con le gocce di ambra che incapsulano per milioni di anni esseri viventi antichissimi. Una volta vitrificata, la cellula viene appunto congelata, inserendola in cannucce immerse a -180 gradi prima in vapori e poi in azoto liquido, dove può stare potenzialmente decenni. Con questa nuova procedura, inventata da Ana Cobo, direttrice dell’Unità di Criobiologia di IVI Valencia, la probabilità di sopravvivenza dell’ovocita è altissima, intorno al 90-95%.
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