Matteo Salvini ha perso la bacchetta magica. Da un bel pezzo. E quegli incantesimi che sembravano uscirgli con estrema naturalezza si sono trasformati, ora che non ha più i poteri, in boomerang pronti a restituire colpo su colpo. Schiacchiato da una Giorgia Meloni versione cannibale e costretto all’angolo da un Mario Draghi indomabile, il leader della Lega è così corso nelle scorse ora a Varese, dove nelle prossime ore il candidato del Carroccio Matteo Bianchi tenterà di strappare il ruolo di sindaco al ballottaggio che lo vede opposto al Pd. In una città che, per il partito, non è proprio banale.
Nel cuore della storia leghista, la città dove iniziò l’avventura di Umberto Bossi e dove soltanto pochi mesi fa sono stati organizzati gli stati generali per il nord, Salvini ha confermato però come ormai i suoi stessi colleghi di partito si siano accorti della sua improvvisa debolezza. Lui che un tempo, da solo, si imbarcava in lunghissime campagne elettorali per portare piogge di voti, oggi è invece affiancato dai vari Fontana, Cecchetti, Bussetti, Candiani. Consapevoli del fatto che il segretario non riesca più a spostare gli equilibri nelle urne e che il dem Davide Galimberti potrebbe alla fine trionfare davvero.
Salvini, da par suo, continua a fingersi quello di sempre. Si è imbarcato in una 5 giorni a sostegno di Bianchi, senza prendere pause, convinto che la sua onnipresenza alla fine sarà sufficiente a ribaltare un confronto che vede Pd e M5S in leggero vantaggio dopo il primo turno. Che qualcosa non torni, però, è stato evidente anche dai primi interventi del Capitano. Meno efficace del solito, costretto a ricorrere a temi di politica nazionale per provare a colpire la pancia dei cittadini di Varese.
“A sinistra si parla degli alieni e degli anni ’30, – ha detto Salvini dal palco – stanno passando il loro tempo insultando il prossimo con dei fantasmi che non ci sono. A Varese invece discutiamo di cose concrete, del futuro”. Qualche applauso dei presenti. Che però, per una buona fetta, erano i fedelissimi del partito. Le grandi folle di una volta sono ormai lontane. Segno che qualcosa è cambiato davvero.
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