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Ddl Zan, Costanzo si sfoga con Mattarella: “Italia incivile”

Maurizio Costanzo non riesce a nascondere la sua delusione e la sua rabbia per lo stop al Ddl Zan in Senato. Il popolare giornalista e presentatore televisivo si sfoga dai microfoni di ‘Facciamo finta che’, la trasmissione radiofonica che conduce su R101, nella serata di giovedì 28 ottobre, a poche ore dalla debacle del centrosinistra sulla legge contro l’omotransfobia. La sua stizza è indirizzata soprattutto contro i “franchi tiratori”. Ma a colpire è in particolar modo il suo sfogo rivolto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Maurizio Costanzo

“Avevamo questo Ddl Zan che afferma che ognuno può amare chi gli pare e non deve essere insultato, bullizzato, svilito perché è una donna che ama una donna, un uomo che ama un uomo. – alza subito il tono Costanzo – Io l’ho sempre pensata così ancor prima del deputato Zan. Siccome sono riusciti con i franchi tiratori, che se lo tirassero dove dico io, nel segreto dell’urna a far cadere questo disegno di legge, dovremo aspettare altri sei mesi per essere un po’ più civili”. Queste le sue parole durissime dopo la bocciatura del testo a Palazzo Madama.

“Caro Presidente Mattarella, nell’ultimo periodo della sua presidenza si renda conto di quanto incivile è questo Paese”, aggiunge poi rivolto direttamente al capo dello Stato per quanto accaduto sul Ddl Zan. Maurizio Costanzo si mette poi a raccontare qualche episodio della sua esperienza personale e professionale contro l’omofobia.

“Quando nel 1982 ho cominciato il Costanzo Show, la prima ospite era Eva Robin’s. – ricorda – Io spiegai com’era, e cioè dalla cintola in su donna e dalla cintola in giù uomo. E Paolo Villaggio che era ospite disse subito che era innamorato perdutamente di Eva Robin’s. Umberto Bindi dichiarò da me la sua omosessualità piangendo, lo ricorderò finché campo. Io finché continuerò a fare il Costanzo Show continuerò a dire queste cose, ed è proprio questo che mi ha portato un sacco di giovani che seguono il programma, che seguono la modernità”, conclude.

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