Era il novembre 2019 quando, dopo l’ennesimo allarme per l’acqua alta che aveva messo in pericolo Venezia, lo Stato aveva promesso che la città non sarebbe stata abbandonata, con interventi rapidi e mirati per scongiurare il rischio mareggiate. E invece, come raccontato da Repubblica, le promesse sono cadute nel vuoto, con il cantiere aperto per salvare il cuore del capoluogo veneto attualmente bloccato e deserto. Le aziende incaricate di circondare la chiesa di piazza San Marco con delle barriere di vetro hanno infatti sospeso i lavori perché, semplicemente, nessuno le paga.
“Sufficienza e indifferenza – ha spiegato Carlo Alberto Tesserin, primo procuratore di San Marco – sono intollerabili. Ogni giorno il mare sgretola un pezzo della basilica bizantina. L’urgenza di azioni immediate dovrebbe essere evidente per chiunque. Due anni perduti, sotto gli occhi della comunità internazionale, sono già uno scandalo: prendere atto che si insiste nel trattare questo luogo come un qualsiasi posto senza valore, assume il profilo del crimine”.
Il patriarca Francesco Moraglia aveva lanciato in queste ore appelli “per accelerare la corsa contro il tempo”, caduti nel vuoto. La diga in vetro di San Marco avrebbe dovuto essere ultimata entro autunno, stando agli impegni presi. I veneziani speravano che almeno potesse essere pronta per Natale. Invece, tutto è fermo e i tempi si allungano ancora: “Ormai non se ne parla nemmeno per Pasqua – ha spiegato a Repubblica il proto della cattedrale Mario Piana – e temo nemmeno per l’estate. Mentre le acque medio-alte diventano quasi quotidiane”.
L’ultima variante del progetto è stata approvata a marzo. In agosto c’era stata la consegna dei lavori e l’apertura del cantiere. con la promessa di finire entro quattro mesi. Il tutto a fronte di 3,8 milioni di finanziamento pubblico e 700 mila euro di anticipo. “Mai visto un centesimo – ha sottolineato Devis Rizzo, presidente dell’impresa Kostruttiva, che condivide l’appalto con la Renzo Rossi Costruzioni – e da settembre anticipiamo noi i soldi per operai e fornitori. Ci siamo assunti pure le fideiussioni per assicurare cantiere e finanziamenti. Abbiamo inviato decine di solleciti: nessuno ha mai nemmeno risposto”. Così l’ultima lettera: “Ci spiace, non possiamo proseguire, solo nell’Italia peggiore si può ancora giustificare una simile incuria”. Il tutto mentre sul fronte Mose arrivano le ennesime, spiacevoli conferme: “Non sarà ultimato prma del 2023, ma nessuno garantisce che la corrosione marina non lo blocchi prima”.
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