Simone Pillon è scatenato. Sono ancora stampate nella memoria di tutti le recenti immagini dell’esultanza in aula del senatore leghista, subito dopo la bocciatura del Ddl Zan sui diritti della comunità lgbt. D’altronde, Pillon non è nuovo a queste prese di posizione, visto che si è dichiarato a più riprese un cattolico tradizionalista. Il politico salviniano non si smentisce neanche sul tema molto scottante della maternità surrogata, o utero in affitto che dir si voglia. Presenta infatti un emendamento alla legge di bilancio per chiedere di introdurre la pena del carcere per chiunque si rechi all’estero per praticare la maternità surrogata o anche la fecondazione eterologa.
L’emendamento presentato da Pillon viene firmato anche dai colleghi leghisti Ferrero, Faggi, Testor e Tostatto. U provvedimento segnalato come prioritario al governo dal partito di Matteo Salvini. Il testo dell’emendamento è diviso in cinque punti. Nel primo viene proposto di introdurre nel codice penale i divieti e le sanzioni previsti dalla legge sulla fecondazione assistita. Rendendo in questo modo un reato penale in piena regola le condotte sanzionate da quella legge.
Pene aumentate dunque per chi, si legge nel testo, “in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità”. L’eventuale reato, se introdotto nel codice italiano, riguarderebbe anche quelle persone che si mettono in contatto con Paesi dove invece questa pratica è considerata legale a tutti gli effetti. La reclusione prevista sarebbe dai 3 ai 6 anni, con una multa compresa tra 800.000 e 1 milione di euro.
Il terzo punto dell’emendamento di Pillon prevede il divieto per l’ufficiale di stato civile di iscrivere o trascrivere atti di nascita che riportano due persone dello stesso sesso o più di due persone. Anche se di sesso diverso. Insomma, in caso di approvazione di questa proposta, le anagrafi comunali non potrebbero più riconoscere i figli di coppie omosessuali che hanno utilizzato la maternità surrogata. E nemmeno i bambini nati da fecondazione eterologa all’estero. Pratica che oggi, invece, viene ancora riconosciuta in diversi Comuni italiani.
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