Ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo, Marco Travaglio commenta la conferenza stampa di fine anno del premier Mario Draghi. Il direttore del Fatto Quotidiano, mai tenero con il presidente del Consiglio, punta il dito in particolar modo contro la definizione che lo stesso Draghi si è dato di “nonno al servizio delle istituzioni”. E il suo giudizio non è certo dei più positivi.
“Qualcuno ha definito quella di Draghi una conferenza stampa di fine mandato. Se i partiti non lo votassero al Quirinale, è possibile immaginare che Draghi non venga votato almeno dalla sua maggioranza al Quirinale? E se lo bocciano è possibile che lui continui a restare presidente del Consiglio? Cioè succede un pasticcio”, domanda la Gruber a Travaglio. “Intanto diciamo che almeno ha fatto un’operazione di chiarezza. – replica il direttore del Fatto – Perché erano settimane che tutti guardavano per vedere se c’era una strizzatina d’occhio o un movimento ondulatorio del gomito per farci capire che cosa voleva fare questa sfinge”, ironizza il giornalista.
“Oggi lo abbiamo capito che cosa vuole fare. – prosegue Travaglio nella sua analisi – Adesso deve prendere i due terzi dei voti dei grandi elettori che sono più di mille alla prima chiama, oppure 510 voti circa alla quarta. Il problema è che, se si candida al Quirinale con questa perentorietà, è chiaro che ci deve provare alla prima chiama. – sottolinea il giornalista – E quindi deve prendere molti voti. E lui li può prendere quei voti, perché da oggi è sicuramente il super favorito. Però per prenderli deve convincere centinaia di peones che la legislatura non finisce con il suo governo”.
Lilli Gruber interviene facendogli notare che è proprio quello che ha fatto Draghi in conferenza stampa, quando ha detto che il governo deve andare avanti fino a fine legislatura. “Lui ha detto che lo auspica. – puntualizza allora Travaglio – Ma quelli vogliono carta che canta. Vogliono la certezza. Mica lo votano al buio. Quelli, pur di non votarlo al buio per ritrovarsi alle elezioni il giorno dopo, non lo votano. E a quel punto lui è inservibile come premier perché, se ho capito bene la battuta del nonno, il nonno ci ha detto oggi che la sua esperienza da premier è finita. Per cui, o lo mandano al Quirinale o il nonno va ai giardinetti. Non è Cincinnato che torna all’orto. Ci torna solo se non lo eleggono presidente della Repubblica. Più che un nonno al servizio delle istituzioni, è un nonno che vuole le istituzioni al proprio servizio”, conclude.
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