Carola Rackete, la ex capitana della nave ong Sea Watch 3, parla per la prima volta con la stampa italiana dopo l’archiviazione delle accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per essere entrata nel porto di Lampedusa con a bordo un gruppo di 40 migranti. Intervistata da Repubblica, la Rackete si toglie diversi sassolini dalla scarpa, sfogandosi ovviamente contro l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini.
“Sono in Norvegia, in un villaggio sulla costa. Sono venuta a dare supporto a una protesta locale. – così Carola Rackete risponde al giornalista di Repubblica – Non avevamo una strategia comune. Ho preso una decisione che trovava contraria una parte della ong. Ma alla fine abbiamo abbattuto il decreto sicurezza bis. E alla fine Salvini ha perso. Quando siamo salpati sapevamo che il decreto era stato approvato. Ma non ci aspettavamo di finire in un conflitto con lo Stato italiano”, racconta l’attivista tedesca.
“Dopo il recupero dei naufraghi in mare, è stato chiaro che non ci sarebbe stata una soluzione politica. Tutti ci stavano rifiutando il porto di sbarco. – prosegue Carola Rackete – È lì che mi sono convinta che dovevo avere il coraggio di sfidare il vostro governo proprio sul campo preparato da Salvini col suo decreto”. La Rackete ricorda anche gli insulti ricevuti dal leader leghista, come “zecca tedesca”, “comunista”, “terrorista”, che però non la avrebbero ferita affatto.
“Quel linguaggio del ministro dimostra come dal populismo si scivola facilmente verso l’autoritarismo. – accusa Carola Rackete – Il discorso pubblico è tossico contro le donne, contro i migranti, contro i giovani e contro l’ambiente. Se al timone della Sea Watch 3 ci fosse stato un maschio, Salvini non si sarebbe comportato così. E mi ha rincuorato sapere che dopo il mio arresto decine di persone hanno protestato contro il sessismo”. La Rackete non nega però che, durante quelle giornate convulse, ci furono “tanti conflitti interni a Sea Watch. Ho preso una decisione che trovava contraria una parte della ong”, conclude.
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