Smart working: l’Italia si adegua e discute le nuove, fondamentali norme sull’argomento.
ll lavoro agile ha visto materializzarsi un vero e proprio boom. Lo confermano i numeri dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, più di 250mila, nel solo settore subordinato, i lavoratori che sfruttano le nuove regole legate al lavoro libero, in termini di orario, luogo e mezzi tecnologici avanzati utilizzati.
Il dato esemplare è che la percentuale che ricopre i beneficiari dello smart working è del 7% del totale degli impiegati e dirigenti. Una crescita esponenziale evidente: quasi il doppio rispetto ai dati di 3 anni fa.
Generalmente, lo ‘smart worker’ è uomo, residente al nord, 40 anni di media, e dichiara effettivi benefici e vantaggi rispetto alla modalità tradizionali di lavoro.
Addirittura già il 30% delle grandi imprese ha adottato questo nuovo metodo di approccio al lavoro, riscontrando aumenti tangibili di produttività.
Importanti aziende come American Express, Barilla, Ferrero, Vodafone e, non ultima, Microsoft, hanno già dato vita ad importanti progetti nel settore dello smart working, sulla base di una nuova flessibilità di orario ed una revisione totale degli spazi fisici.
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L’utilità dello smart working è semplice da spiegare: dat alla mano, aumenta la produttività dei dipendenti dal 15 al 20%, si riduce in maniera evidente l’assenteismo, e migliora l’atmosfera dell’impresa.
È quanto confermato dai lavoratori coinvolti nei principali sondaggi: molte esperienze sono state così positive che, aziende con più sedi, cha hanno adottato simili procedure in alcune di esse, hanno deciso di estenderle a tutti gli altri dipartimenti.
Sono in molti i dirigenti a sostenere che siano ormai giunti i tempi per affrontare la grande sfida di legare la valutazione di un lavoratore alla produttività, non più alla semplice presenza.
Con le nuove tecnologie, con una comunicazione sempre più agevolata ed efficace (pensiamo a Skype, mezzo utilizzatissimo per svolgere vere e proprie riunioni tra le sedi, senza dover affrontare costosi e pesanti spostamenti), è indiscutibile una vicinanza letterale dei colleghi, a prescindere dal contesto.
La questione è finita così nell’ordine del giorno del Governo che ha deciso di chiarire i punti critici di queste normative, visto che sempre più aziende si stanno tuffando in questo mare.
Punto fondamentale per il Governo è:
“chiarire che gli eventi infortunistici legati esclusivamente alla scelta discrezionale del luogo di lavoro da parte del lavoratore, non potranno essere addebitati a titolo di colpa al datore di lavoro”.
Altro punto precisato, oggetto di discussione:
“precisare il dovere di valutazione dei rischi connessi a prestazioni di lavoro agile nel loro complesso, in modo da escludere quella dei rischi legati ai singoli luoghi in cui l’attività venga svolta, che il datore spesso non può conoscere, ferma restando la garanzia per il lavoratore di una idonea sorveglianza sanitaria”.
Questioni che sono dibattute e chiarite definitivamente.
Le divergenze sono così tante? In realtà no. Vanno specificati gli strumenti di esercizio del potere direttivo, e disciplinato il diritto alla disconnessione, ma la gran parte degli accordi già si esprimono su tali temi
Anche sul controllo degli orari di impiego non si modifica il quadro della disciplina, che è quella generale; le regole sul recesso, che qualcuno legge con preoccupazione, riguardano solo l’accordo sulla forma agile del rapporto, non si tratta di un libero recesso dal contratto di lavoro.
Il professor Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio ‘Smart working’ del politecnico di Milano, ha dichiarato che la nuova normativa, “è più matura di quelle in giro per l’Europa; il lavoro agile è regolato in Inghilterra, in termini però più di riconoscimento di misure di welfare e flessibilità; e anche in Olanda. In Francia poi è disciplinato essenzialmente il diritto alla disconnessione. La legge italiana, nel complesso, fa diversi passi avanti perchè valorizza l’accordo tra lavoratore e azienda, guardando alla produttività”.
Infine è da stabilire la richiesta di fornire specifici chiarimenti a proposito dell’esclusione dei lavori che prevedono l’utilizzo di mezzi pericolosi, estranei al concetto di lavoro ‘agile’.
Questo discorso è decisamente più complesso, si tratta di coprire le esigenze assicurative di professioni ad alto rischio.
La prospettiva unica è quella di cercare di applicare le regole con una flessibilità stabilita anche dal buon senso.
Ciò che è certo è che ci sono dei doveri da precisare, anch’essi trattati dell’ordine del giorno:
“valutazione dei rischi connessi a prestazioni di lavoro agile nel loro complesso, in modo da escludere quella dei rischi legati ai singoli luoghi in cui l’attività venga svolta, che il datore spesso non può conoscere, ferma restando la garanzia per il lavoratore di una idonea sorveglianza sanitaria”.
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