Bellezza non solo come categoria estetica, ma anche fattore in grado di generare ricchezza, e come tale misurabile. Una economia della bellezza che in Italia vale 240 miliardi di euro, pari al 16,5% del nostro prodotto interno lordo annuo. Una cifra che avrebbe le potenzialità di crescere di circa 130 miliardi di euro, a patto che le aziende italiane raggiungessero le prestazioni delle migliori aziende europee.
A mettere in luce questi numeri la ricerca di Fondazione Italia Patria della Bellezza, realizzata in collaborazione con Prometeia, e presentata a Milano presso la sede di Assolombarda, con il Patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
L’obiettivo dello studio, spiega Maurizio di Robilant, presidente della Fondazione Italia Patria della Bellezza “è dimostrare che la bellezza del nostro paese non è un valore effimero, ma una risorsa solida e strategica su cui costruire crescita, sviluppo e benessere”. La ricerca trasforma quindi la bellezza in un fattore concreto e misurabile, “ne valuta la forza e la definisce quale nuova categoria economica in grado di contribuire in modo significativo al PIL del Paese.”
Quanto vale l’economia della bellezza in Italia
La ricerca ha individuato una serie di variabili che fanno della bellezza una dimensione economica misurabile, identificando i comparti produttivi che la sostanziano e il valore da questi generato: beni di consumo di qualità, beni tecnologici di ingegno, industria creativa e turismo.
Per ogni comparto è stato definito un criterio ad hoc che ha consentito di isolare, settore per settore, la produzione a maggior valore aggiunto.
Il comparto dei beni di consumo di qualità, che include categorie come moda, alimentari e sistema casa, vale 44 miliardi di euro. Il settore dei beni tecnologici di ingegno (es. elettronica, meccanica, mezzi di trasporto) produce ricchezza per un valore pari a 32 miliardi. Il settore dell’industria creativa (es. design, editoria, musei spettacoli) contribuisce con 61 miliardi. Infine il comparto del turismo produce bellezza per 39 miliardi.
Al calcolo del valore economico della bellezza contribuiscono due fattori il cui potenziamento incide in modo rilevante sui comparti produttivi citati: investimenti pubblici, con una quota stimata in 60 miliardi, e “altruismo e mecenatismo” che, con le attività di volontariato e le donazioni, generano un valore pari a 3 miliardi.
Economia della bellezza, il suo potenziale di crescita
Per stabilire il potenziale di sviluppo la ricerca ha confrontato la situazione italiana con le migliori esperienze europee. Un confronto che delinea due scenari di crescita: il primo in cui tutte le imprese del settore si allineano alle migliori aziende europee; la seconda è un’ipotesi di crescita ancora maggiore in cui tutte le aziende
italiane di ciascun settore raggiungono le prestazioni delle migliori aziende europee.
La stima che ne risulta è che il potenziale di crescita dell’economia della bellezza italiana si stima tra i 52 miliardi nel primo scenario e i 130 miliardi di euro nel secondo, arrivando dunque a un valore totale stimato tra i 292 e i 370 miliardi, rispettivamente il 19,5% e il 25,4% del PIL.
Per quanto riguarda le potenzialità dei singoli comparti la ricerca ha stimato per i beni di consumo di qualità un potenziale di crescita tra i 4,6 e i 7,5 miliardi. A partire dall’esperienza della Francia, tra le azionida intraprendere che l’analisi indica come fondamentali troviamo lo sviluppo significativo dell’e-commerce e la diffusione di una maggiore cultura del brand, sia a livello di singola impresa sia a livello Paese. La ricerca auspica inoltre l’istituzione
di una trading company nazionale che favorisca l’accesso ai mercati esteri delle piccole e medie imprese italiane di qualità.
Altissimo il margine di crescita per i beni tecnologici (20-61 miliardi), complice una certa arretratezza dell’Italia in questo campo. Una maggior qualificazione dei percorsi tecnico-scientifici e la promozione di una cultura politecnica, la riorganizzazione del sistema dei centri di ricerca pubblici in favore della loro concentrazione in hub di eccellenza specializzati e un potenziamento degli strumenti di fintech e degli incentivi ai brevetti, sono le azioni che la ricerca individua per far avvicinare l’Italia al modello tedesco.
Ampia la crescita possibile anche per l’industria creativa, dove azioni ispirate al modello britannico come la digitalizzazione dei mestieri creativi, la creazione di hub multidisciplinari della creatività e la costruzione di un sistema di rating per la valutazione delle idee e dei business plan delle giovani imprese, porterebbe al comparto tra i 15 e i 42 miliardi in più.
Chiave per il sistema economico italiano il settore del turismo, per cui viene individuato un potenziale di crescita di circa 20 miliardi. Un incremento che potrebbe realizzarsi attraverso lo sviluppo di percorsi turistici verso mete meno note, il rafforzamento del brand paese attraverso lo storytelling, la definizione di eventi attrattivi in grado di valorizzare il patrimonio storico e naturale diffuso sul territorio.
“Miglioramento dell’istruzione, cultura del brand e più tecnologia. Questi, dunque, i capisaldi rilevanti evidenziati dalla ricerca – afferma Alessandra Lanza, partner di Prometeia, responsabile dell’area Strategie industriali e territoriali, a capo del progetto di ricerca. – A partire da questi elementi la bellezza del nostro Paese può davvero trasformarsi da patrimonio storico in motore per il futuro”.