Un duro sfogo, quello di Fulvio Abbate nei confronti del Premio Strega, premio letterario assegnato annualmente all’autore di un libro pubblicato in Italia. Sui social, lo scrittore si è infatti sfogato così: “Da qualche anno, colpa o impagabile merito della pandemia, il Premio Strega, nel suo spolvero pubblico, capitolino, satyriconiano, ministeriale assomiglia sempre più a un evento privato, con ‘prenotazione obbligatoria’, meglio, a un ‘trattenimento’ da sponsale, come usano pronunciare da certe parti nel Sud. Riservato ai pochi convinti, convintissimi prescelti, ora per ragioni di ammessa candida ambizione personale ora per dovere clientelare-editoriale, un modo di presidiare il territorio dei possibili altrimenti inafferrabili lettori; insomma, un qualcosa di irrinunciabile, porta d’ingresso nel ‘successo’ autoriale, moltiplicazione di vendite con annesso momento del firmacopie, soddisfazione parentale, gioia per le insegnanti del ceto medio riflessivo che costituiscono la spina dorsale del pubblico leggente”.
“Per queste ragioni – ha scritto Abbate – trovando singolare la desertificazione voluta del necessario vario ed eventuale umanissimo pubblico di contorno, nelle scorse ore, ho sentito doveroso inviare al direttore della manifestazione, Stefano Petrocchi, queste sincere e preoccupate parole attraverso la bottiglia affidata al mare dei social: Caro Stefano, posso, di grazia, sapere con quale criterio sono stati fatti gli inviti per la serata conclusiva del Premio Strega di ieri al Ninfeo di Villa Giulia? La bella gente della P2 culturale di sinistra, da quel che si è subito notato dalla imbarazzante diretta di Raitre, era tutta presente in spolvero platealmente clientelare, idem il mondo ‘amichettistico’, ovvero delle scrittrici che non distinguono tra ‘recherche’ proustiana e mancato sogno adolescenziale d’essere provinate da Boncompagni per accedere a ‘Non è la Rai’, magistrali nella poetica degli emoji; ma gli altri, cominciando dal generone romano ornato di ciaffi, i signori avvocati di Prati o Flaminio con abito acquistato da ‘Davide Cenci’ a Campo Marzio o i giovani con outfit da cresima alla parrocchia di Ponte Milvio, e incredibilmente gli stessi ‘Amici della domenica’, in nome di quale spietata e insieme galante ragione non sono stati avvisati con messaggio ufficiale, se non recante firma e sigillo di ceralacca della Fondazione Bellonci, almeno una semplice mail, così da presenziare anche loro? Grazie. Auguri comunque a Mario Desiati per la vittoria meritata”.
!Il Premio Strega – ha aggiunto lo scrittore – lo si sappia, nella sua acme pubblica, il Sarcofago degli Sposi Etruschi silenziosamente a presenziare a sua volta, muto, di spalle, è una prosecuzione instacabile della ‘commedia all’italiana’, così come appare tra ‘Il sorpasso’, ‘I mostri’, ‘I nuovi mostri’, ‘In nome del popolo italiano’ e ‘Febbre da cavallo’. Per averne contezza, basterebbe un piano sequenza sui volti di coloro che puntualmente ambiscono a occuparne i tavoli riservati in attesa dello spoglio estenuante. Peccato che quest’anno, mancando l’invito, personalmente il mio canale, Teledurruti, non abbia potuto fare dono al pubblico di questa inenarrabile parata spettacolare, sempre e comunque in grado di restituire nella sua sostanza narcisistica, antropologica, municipale, rionale, ministeriale il succo dell’evento”.
“Me ne scuso, ma, come appena narrato, non sembra che gli inviti siano stati diramati; sia detto da “Amico della domenica”, immeritato titolo che devo alla grazia della compianta Anna Maria Rimoaldi, lei che, dopo la dipartita di Maria Bellonci, ha rappresentato la figura apicale dell’istituzione; la ricordiamo impenetrabile al momento della ‘cinquina’ e dei prevedibili magheggi, così nell’appartamento di via Fratelli Ruspoli ai Parioli già frequentato da Moravia, Morante, Piovene, Flaiano, Raffaele La Capria, di cui, diversamente da Pasolini, si rammentono più i foulard che non le opere, e così via, in picchiata, fino a Emanuele Trevi, Michela Murgia, Chiara Valerio. La sensazione, riguardo all’altra sera, in assenza del già decantato generone romano e d’altre presenze comprensibilmente interessate soprattutto al gratuito sollazzo spettacolare e al meritato buffet, in grado appunto di sorridere compassionevolmente delle bassezze, della banalità e ulteriori relative miserie del piccolo anerotico mondo letterario nazionale, fa supporre che lo Strega sia sempre più esclusiva pertinenza della bella gente amichettistica che ha trovato nella P2 culturale di sinistra il suo presidio impenetrabile. Sia detto in attesa di una possibile risposta circa il tratto sempre più esclusivo della manifestazione, quasi a volersi gemellare con la pizza con pata negra di un Briatore, tuttavia mantenendo lo sguardo al sublime letterario”.
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