Proseguono le indagini sulla tragica morte di Alessandro, il ragazzo 13enne di Gragnano, vicino Napoli, gettatosi giù dal balcone del suo appartamento qualche giorno fa. Le indagini degli inquirenti si concentrano al momento su un gruppo di sei giovani, quattro maschi e due femmine, di cui quattro minorenni. L’accusa che potrebbe essere formulata nei loro confronti è quella gravissima di istigazione al suicidio.
Secondo le prime ricostruzioni a spingere il branco nella sua folle oppressione nei confronti di Alessandro sarebbe stata la sua ex ragazzina, mollata dal giovane qualche tempo fa. Lei per vendicarsi avrebbe convinto i suoi amici a terrorizzarlo, soprattutto attraverso una serie continua di insulti e minacce postate in chat indirizzati al suo ex ad ogni ora del giorno e della notte. Ma non mancavano neanche le offese pronunciate di persona, quando Alessandro aveva la sfortuna di incontrare il branco per strada.
“Non mostrava a casa segni di malessere. – scrivono gli avvocati della famiglia in una nota – Alessandro era, come è stato più volte ripetuto e scritto in questi giorni, un ragazzo solare, che andava bene a scuola e aveva tanti amici. Adesso i suoi genitori vogliono sapere la verità. Non provano sentimenti di vendetta e attendono solo il ritorno a casa della salma, per potere riabbracciare il figlio un’ultima volta prima di procedere ad una giusta sepoltura”.
Ad aggiungere dolore al dolore della famiglia c’è poi un post pubblicato sui social, e poi subito cancellato, di un carabiniere, che ricopre anche il ruolo di coordinatore per le attività sportive e la difesa personale della scuola Ufficiali dei Carabinieri. “Un ragazzino si suicida. – così scrive il carabiniere nel suo post commentando le parole di alcuni psicologi in tv – E psicoterapeuti sproloquiano in televisione sul fatto che le parole sono armi e che c’entra il bullismo. Senza pensare che se allevi conigli non puoi pretendere leoni. E che magari la colpa è quindi di chi non ha saputo far crescere adeguatamente quel ragazzino. Il problema con un bullo si risolve, da sempre, dimostrandogli che non hai paura di lui”, conclude il militare.
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