L’elezione di Ignazio La Russa alla presidenza del Senato si porta dietro il giallo sui numeri che gli hanno consegnato la poltrona più importante di Palazzo Madama. I conti infatti non tornano, visto che 16 su 18 senatori di Forza Italia non hanno partecipato al voto per protesta contro l’esclusione di Licia Ronzulli dal governo. A venire sospettati di essere i franchi tiratori ‘al contrario’ giunti in soccorso di La Russa sono i senatori di Italia Viva e Azione che però non sarebbero bastati da soli, visto che sono solo nove. E allora scende in campo il Var per smascherare i traditori.
“Se un senatore scrive il nome sulla scheda ci impiega più tempo che non a depositare scheda bianca. In quel caso sarebbe chiaro che chi ha assicurato di aver lasciato scheda bianca, in realtà, si è regolato diversamente”, spiegano da Palazzo Madama. “Se pure consideriamo tutti quelli del terzo polo e del misto per lui, ci sono altri otto voti da ricercare tra Pd, M5S, i senatori a vita”, aggiunge Federico Fornaro del Pd.
“Non siamo stati noi, lo avrei rivendicato con orgoglio. Noi nove abbiamo votato scheda bianca”, nega però ogni addebito Matteo Renzi, beccato dal Var per troppi secondi nell’urna insieme ai suoi. “Noi non siamo stati. Anche perché servivano 20 senatori e noi siamo solo nove. È stata un’operazione politica vera e propria, e a mio giudizio, ha colto nel segno”, gli fa eco il suo fedelissimo Ivan Scalfarotto che respinge l’accusa di essersi attardato troppo tempo sotto la tenda del seggio.
E allora chi è stato ad aiutare La Russa? Si danno per sicuri i sì di tre senatori a vita: Carlo Rubbia, Elena Cattaneo, Mario Monti. Ma non sarebbero ancora sufficienti. E così quelli del Partito Democratico e del M5S si lanciano accuse reciproche, visto che gli altri franchi tiratori si nascondono per forza in uno dei loro due partiti.
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