Un titolo grottesco, come ormai purtroppo d’abitudine dalle parti di Libero. Che non ha risparmiato nemmeno Silvia Romano, la ragazza tornata in Italia dopo essere stata rapita in Kenya nel 2018 e che in molti pensavano non sarebbe mai più rientrata a casa. Surreale come il dibattito scoppiato nell’arena social, dove argomento del giorno è di colpo diventata la conversione della giovane, arrivata a Ciampino con un abito tradizionale somalo color verde acqua. Peggio ancora, però, sono state le parole scelte dal direttore della testata Vittorio Feltri, non nuovo a certe disgustose polemiche.
“Abbiamo liberato un’islamica” capeggia infatti sulla prima pagina di Libero. Stavolta, a onor del vero, Feltri non è rimasto solo nella sua ridicola battaglia. A fargli da sponda è stato infatti un altro illustre direttore, Alessandro Sallusti, che sulle pagine de Il Giornale è andato a sua volta all’attacco: “Islamica e felice, Silvia l’ingrata”. All’interno di entrambi i quotidiani, ovviamente, una banalissima quanto insistente retorica contro l’Islam accompagnata da attacchi diretti alla stessa Silvia Romano, per motivi che francamente risultano difficili anche solo da spiegare.
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Una ragazza di 24 anni tenuta per 18 mesi in ostaggio di un gruppo terroristico, in fondo, è poca roba rispetto alla possibilità di far parlare un po’ di sé con l’ennesimo titolone a effetto, l’ennesima polemica gratuita. Si fa di tutto, d’altronde, per un po’ di notorietà che non arriva in altro modo. Feltri nel suo editoriale scrive: “Si dice che Silvia si decise a partire animata dal desiderio di compiere del bene in favore dei bambini di pelle scura. Sono persuaso della sua sincerità, eppure vorrei ricordarle che l’Italia è piena di gente bisognosa di soccorso, visto che campa nella miseria”.
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“Oltre 50 mila clochard trascorrono le notti all’addiaccio e spesso ci lasciano le penne. Per aiutare i miserabili non è il caso di trasferirsi nella Savana”. Il ritorno, per chi avesse nostalgia, a una certa retorica di destra che aveva bollato come “sconsiderato” l’impegno della ragazza in Africa. E che fatichiamo ancora a capire.
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