Dopo tante polemiche è stato raggiunto l’accordo sulla regolarizzazione dei migranti che lavorano nei campi e come badanti e sulle colf “in nero”. Un’intesa frutto di un lungo lavoro di mediazione tra il premier Conte e i capi delegazione dei partiti della maggioranza giallo-rossa: ogni punto del decreto Rilancio infatti è stato al centro di forti polemiche, con il dado tratto alla fine soltanto nella notte. Il tutto mentre Teresa Bellanova continua a dirsi ottimista sul fatto che, salvo colpi di coda dei Cinque Stelle al momento inattesi, il percorso ora sarà nitido e andrà avanti senza intoppi.
Il Pd ha spinto perché oltre a braccianti e raccoglitori fosse inserito anche il lavoro domestico. I 5Stelle hanno ottenuto che i permessi temporanei, che sono comunque di sei mesi e per ricerca di lavoro, siano subordinati a un controllo dell’Ispettorato del lavoro. Solo infatti se l’Ispettorato certificherà che gli immigrati, che ne fanno richiesta, hanno già lavorato in quei settori in passato, potranno ottenere il permesso di ricerca di lavoro per sei mesi in attesa di trasformarlo poi permesso di lavoro vero e proprio.
Al momento non sono stati forniti numeri ufficiale da parte del Viminale, ma stando a quanto emerso in queste ore a essere regolarizzati potrebbero essere Non si fanno numeri al Viminale. Ma i “regolarizzabili” potrebbero essere 500 mila stranieri. Due le leve attraverso le quali procedere: quella dei permessi di ricerca di lavoro (con il vaglio dell’Ispettorato lavoro) e alla fine per sei mesi, ma soprattutto quella che affida al datore di lavoro l’emersione del lavoro “in nero”. Vale ovviamente per italiani e stranieri.
Il ministro del Sud si è battuto perché l’emersione fosse da intendersi il più ampia possibile. Ai lavoratori stranieri a cui il datore di lavoro garantisce il contratto, sarà dato un permesso di soggiorno della durata del contratto di lavoro. I datori di lavoro che dichiarano le pregresse irregolarità avranno uno scudo penale e amministrativo.
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