Viaggiare in aereo non sarà più lo stesso. Con la fine del lockdown, gli aeroporti cambiano pelle e inventano un nuovo modo di viaggiare per misurarsi con una sfida ancora più grande di quella affrontata per contrastare il terrorismo dopo l’11 settembre: la fase 2 dell’emergenza coronavirus. Spazi ripensati per garantire il distanziamento sociale, dispenser di gel igienizzante sempre a portata di mano, potenziamento delle tecnologie biometriche per “tagliare”’ le code. La parola d’ordine fondamentale sarà “sicurezza”: Ivan Bassato, direttore operativo di Adr sta pensando ad una fase 2 in cui la collaborazione tra aeroporti e autorità sanitarie sarà fondamentale, per mettere sempre al primo posto la sicurezza dei viaggiatori: “l’Europa adotti misure pre-concordate e il più possibile omogenee negli scali dell’Unione – ha affermato Bassato in un intervista con Agi – per arrivare a un sistema coordinato per valutare la salute dei passeggeri. Il concetto è: Il viaggiatore si deve sentire sereno e al sicuro in aeroporto e una volta a bordo dell’aereo”. Come ha ricordato il direttore di Adr, l’Italia ha battuto la strada sul tema della gestione nell’emergenza sanitaria, con Aeroporti di Roma impegnato già da inizio anno, quando Covid-19 aveva da poco iniziato a far parlare di sé, con le prime azioni per tutelare i passeggeri negli aeroporti di Fiumicino e Ciampino.
“Con i termoscanner a Roma siamo partiti il 4 febbraio, primo aeroporto in Europa – ha ricordato Bassato -. Allora ci confrontavamo con Charles De Gaulle e Heathrow, che non avevano ancora un canale sanitario e i termoscanner”. Oggi a Fiumicino sono operativi 56 termoscanner per rilevare a distanza la temperatura corporea, e secondo il direttore Adr nei prossimi mesi saranno aumentati ancora: “e’ un apparato in grado di gestire grandi flussi di persone e non è per niente invasivo. Molte volte i passeggeri ci chiedevano perché non li controllavamo, in realtà lo facevamo ma loro non se ne accorgevano”. Inoltre, la sicurezza negli aeroporti passerà sopratutto dalla sanificazione (“L’aeroporto è pulito quasi quanto un ospedale, con la sanificazione ferrea”), a partire dall’installazione dei dispenser con gel igienizzanti.“A fine febbraio, quando nessuno riusciva a trovarli perché esauriti, Fiumicino aveva quasi 200 dispenser – ha continuato Bassato – oggi ne abbiamo di più e distribuiamo quasi 3.000 litri di gel a base alcolica al mese; quando il numero di passeggeri crescerà, aumenteranno ancora”. Poi ci sono le mascherine, “che saranno indispensabili e ci accompagneranno per tanto tempo perché è il primo modo per garantire separazione fisica tra le persone”. Come ha anticipato Bassano, per rispettare le regole sulla sicurezza, in aiuto ai passeggeri sono state pensate delle segnaletiche per il distanziamento sul pavimento, sui monitor e tramite totem informativi e brochure.Le nuove tecnologie
Sul fronte delle nuove tecnologie “saranno potenziate al massimo, dal riconoscimento biometrico alla virtualizzazione di biglietti e carta di imbarco, dove già “iamo un passo avanti”, ha detto il direttore. “Per gestire il contenimento – ha ancora sottolineato Bassato – possiamo poi fare affidamento su una robustissima tracciatura dei movimenti dei passeggeri. Il trasporto aereo con i dati che ha già permette di sapere, se una persona risulta un caso sospetto o confermato del virus, di sapere ad esempio con chi ha volato sull’aereo e con chi è venuto a contatto. Siccome l’esperienza di viaggio in aeroporto è attraversare punti obbligati di passaggio, cioè i vari gate, questo permette di riscostruire con una certa affidabilità i vari movimenti del passeggero e con quali degli operatori è venuto in contatto”.Oggi a Fiumicino il traffico passeggeri è sceso di oltre il 95% ed è nel perimetro minimo, con l’80% delle aerostazioni chiuse; il traffico viene gestito al terminal 3 e per gli imbarchi c’è solamente il molo B, quello che prima faceva solo i voli nazionali. “L’industria si è fermata negli ultimi 15 giorni – ha spiegato Bassato – vanno solo i cargo per le merci”, ma con difficoltà perché gli aerei ‘full cargo’ sono pochi e riconvertire le cabine passeggeri per caricare le merci non è una cosa banale.
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