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“AIDS dopo il lifting”, allarme sul trattamento estetico. Cos’è il “Lifting del vampiro” e come si esegue

AIDS dopo lifting allarme

Non si tratta solo di un lifting facciale e non utilizza botox o botulino, ma è qualcosa di decisamente più estremo, come suggerisce il nome stesso: vampire facial o “Lifting del vampiro”, un marchio registrato da Charles Runels, un chirurgo estetico dell’Alabama, negli Stati Uniti. Negli USA, infatti, cinque persone (quattro donne e un uomo) hanno contratto l’HIV, il virus responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), dopo essersi sottoposte a questo lifting.

La procedura avviene così: dapprima si preleva il sangue del paziente, separando il plasma ricco di piastrine che viene poi reiniettato nel viso, previa attivazione con materiali come il cloruro di calcio. Questo PRP (plasma ricco di piastrine) può essere usato ovunque sul corpo per migliorare la consistenza e il tono della pelle, ridurre le rughe e quindi ringiovanire il viso. I costi variano tra i 950 e i 1.400 dollari (680-1.100 euro) per ogni visita. In teoria, è un trattamento “mini-invasivo”, ma nella realtà si tratta di una procedura molto delicata, che richiede una autorizzazione medica.

I Vip, o presunti tali

Il nome del trattamento deriva anche dall’aspetto “sanguinolento” – chiaramente temporaneo – che si ottiene durante la procedura, con estese macchie rosse sul viso. Questo trattamento è diventato famoso soprattutto grazie alla promozione sui social network da parte di Vip come Kim Kardashian, che ha lanciato la moda diversi anni fa.

I cinque casi di positività all’HIV sono stati riscontrati tra quattro clienti (e il compagno di una di esse) di un centro estetico ad Albuquerque, nel Nuovo Messico, a seguito di un’indagine condotta dal Dipartimento della Salute del New Mexico (NMDOH) in collaborazione con i Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Oltre al fatto che il centro estetico non disponeva delle necessarie autorizzazioni mediche, le indagini hanno rivelato numerose infrazioni delle norme di sicurezza: provette con sangue prive di etichetta conservate in frigoriferi insieme al cibo, siringhe usate riposte in cassetti e banconi, e l’assenza di un sistema di sterilizzazione adeguato. Queste gravi mancanze hanno portato alla chiusura del centro e all’arresto della proprietaria, ma intanto cinque persone sono risultate infette dal virus dopo il trattamento nel centro estetico di Albuquerque. “L’analisi della sequenza nucleotidica ha rivelato ceppi di HIV altamente simili tra tutti i casi”, hanno spiegato i CDC in un rapporto.

Rischi enormi

Ora, gli utenti sono incoraggiati dagli stessi CDC a verificare le credenziali e le licenze dei centri estetici e a richiedere informazioni dettagliate sulle procedure di sterilizzazione e sicurezza adottate, prima di sottoporsi a trattamenti che implicano la manipolazione del sangue. Il centro di Albuquerque non aveva nemmeno un registro completo dei clienti, e ci sono voluti diversi anni per contattarne almeno una parte, circa duecento: dal 2018, dopo il primo caso di HIV in una paziente che non faceva uso di droghe, non aveva subito trasfusioni né avuto rapporti sessuali non protetti e fuori dal matrimonio, si legge sul sito Controcopertina. Si dedusse quindi che nella clinica di Albuquerque ci fosse qualcosa di anomalo, riscontrando tra il 2018 e il 2023 anche altri quattro casi. Prima di questa storia non erano noti casi di HIV legati a iniezioni di sangue per una procedura estetica, pertanto si tratta di un precedente importante.

I dettagli del documento intitolato Investigation of Presumptive HIV Transmission Associated with Receipt of Platelet-Rich Plasma Microneedling Facials at a Spa Among Former Spa Clients — New Mexico, 2018–2023 sono stati pubblicati nel Morbidity and Mortality Weekly Report (MMWR). Oltre alle ovvie considerazioni sociologiche sul valore effimero dell’apparenza e sulla innaturalità dei canoni estetici propagandati dai media, la vicenda appare emblematica. La trasmissione dell’HIV attraverso iniezioni non sterili è un rischio noto, ma questo incidente evidenzia la necessità di maggiore vigilanza e regolamentazione nei trattamenti cosmetici che implicano l’uso di sangue.