Sarà una partita vera, difficilissima, quella che attende il premier Conte in Europa. Con i leader dei Paesi dell’Unione a sedersi allo stesso tavolo per due giorni, dopo tante conferenze a distanza, nel tentativo di trovare un accordo su tanti passaggi chiave per il futuro: la possibilità di aggirare il vincolo dell’unanimità sulle norme europee in materia fiscale, gli sconti sui contributi al budget comunitario, i criteri di ripartizione dei fondi strutturali e i requisiti per riceverli. Tutti punti da affrontare e sui quali cercare un compromesso, tutt’altro che scontato.
Le posizioni, al momento, non sono affatto vicine. Dei 500 milioni di trasferimenti a fondo perduto proposti dalla Commissione Europea, 190 sono a forte rischio. La Germania sta ormai tentando di imporre il suo ruolo di mediatore tra il blocco Mediterraneo (Italia, Francia, Spagna e Portogallo) e i frugali guidati dall’Olanda. Si dovrà lavorare, e parecchio, sulla cornice finanziaria dei prossimi sette anni, sull’ammontare delle risorse, sull’equilibrio prestiti-trasferimenti,e sulle modalità di controllo a livello nazionale per l’utilizzo dei fondi.Più facile a dirsi che a farsi, certo. Ma i margini di trattativa ci sono. E sarebbe bello, per una volta, vedere una nazione unita nella speranza di strappare le migliori condizioni possibili in un momento così complicato. Abbandonando certi atteggiamenti da tifoso che forse non starebbero ormai bene nemmeno più negli stadi. E sentendoci tutti sulla stessa barca, nonostante i tentativi di certi sovranisti di spingerci a pensare il contrario.
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