Ha indossato un tradizionale abito bianco di nome thobe. E si è messa a guidare, coraggiosa, i cori della folla scesa in strada per manifestare contro il regime. Una sequenza immortalata in un video che l’ha resa famosa in tutto il mondo: lei, la protagonista della sequenza già diventata virale, si chiama Alaa Salah, ha 22 anni e studia architettura all’università di Karthoum. Ma oggi è soprattutto un simbolo, l’immagine di un Paese, il Sudan, che si ribellava al suo presidente.
Alaa Salah ha raccontato al Guardian di aver partecipato alle proteste anti-Bashir sin dall’inizio, ormai tre mesi fa, sotto l’onda di pesante crisi economica, “perché i miei genitori mi hanno insegnato ad amare il mio Paese”. “Kandaka” ha letto in piazza un poema rivoluzionario, che recitava: “I proiettili non uccidono, quello che uccide è il silenzio”. Versi molto popolari e già scanditi nelle proteste dell’anno scorso e durante le rivolte del 2013. “All’inizio – ha spiegato Alaa – ho trovato un gruppo di sei donne ed ho cominciato a cantare, loro mi hanno seguito, e la gente è arrivata sempre più numerosa”.
La studentessa è salita sul tetto di un’auto, guidando i cori dei manifestanti: “La religione dice che se gli uomini vedono che qualcosa va male, non possono restare in silenzio”, ha cantato, mentre la gente rispondeva gridando a intermittenza la parola “Rivoluzione!”. Sul web i suoi sostenitori l’hanno ribattezzata “Statua della libertà”, ma soprattutto “Kandaka”, regina di Nubia al tempo delle conquiste di Alessandro il Grande, che divenne il simbolo della lotta delle donne per i loro diritti nel Paese.
La genitorialità come un Master: la rivoluzione di Maam