Persone in coda a decine e decine, in fila in maniera nervosa. Cercando di rimanere distanziate per evitare il contagio, nel rispetto delle norme anti-coronavirus. Un’immagine semplice quanto devastante nella sua forza, quella di una Torino che ora teme un altro allarme, dopo la pandemia: la povertà. Un mese di aziende chiuse, di serrande dei negozi abbassate, con gli stipendi congelati e la cassa integrazione che arriva in ritardo sono stati un cockatil micidiale, che ha portato le persone ad accalcarsi fuori dal Monte dei Pegni.
Ricordi di famiglia, gioielli. Preziosi da impegnare per qualche soldo, in modo da garantirsi che, anche se la situazione dovesse rimanere questa per altre settimane, si riuscirà a mangiare e far fronte alle spese. Il simbolo di un’Italia che ha paura è lì, a via Botero, nel pieno centro della città.
Tutti in attesa di entrare al Monte dei Pegni, tutti a chiedere liquidità immediata, finanziamenti per riuscire quantomeno a sopravvivere.Al banco le persone portano di tutto, dall’anello di fidanzamento al vestito buono passando per l’orologio di marca. La banca anticipa circa il 35-40% del valore del bene, il cui pegno andrà rimborsato. In caso contrario, scaduto il termine il Banco lo metterà in vendita per cercare di ricavare più dei soldi inizialmente spesi per impegnarlo. Immagini che rievocano ricordi terribili, altre crisi vissute in passato dalla città e che sembravano ormai soltanto ricordi destinati a rimanere tali.
Nella filiale di via Botero 9 passano centinaia di persone al giorno, anche 500. Famiglie che cercano di arrangiarsi nella speranza di riuscire a vedere la luce il prima possibile. Spaventate dal coronavirus ma anche dall’idea di non riuscire ad arrivare a fine mese. E alla disperata ricerca di risposte sul futuro.
La bufala di Conte che fa scorta di gel e mascherine per sé alle spalle dei cittadini