L’ultima indagine di Milena Gabanelli sul sistema sanitario italiano, presentata nella sua rubrica Data Room del Corriere della Sera, è notevole e di grande rilievo per ogni cittadino. I test diagnostici che facciamo sono uguali in tutto il Paese? A quanto pare no, e molto dipende dai macchinari, che in diverse aree del nostro Paese risultano datati e quindi non in grado di fornire risultati completamente accurati. In particolare, nella diagnosi delle patologie più serie, la precisione del dispositivo può fare una differenza significativa. Mammografi, risonanze magnetiche, Tac: dovremmo chiederci se sono perfettamente funzionanti e quanti anni hanno. Secondo l’Associazione Italiana Ingegneri Clinici, citata da Gabanelli, pur non essendoci un parametro univoco, il limite di dieci anni è considerato un punto di svolta per l’obsolescenza delle apparecchiature. Il Corriere ha pubblicato i dati principali, elaborati da Agenas al 31 dicembre 2023. Sia nel settore pubblico che in quello privato, più di un terzo dei macchinari è oltre il limite di età e ormai superato. Per quanto riguarda le mammografie, la forma più efficace di prevenzione secondaria, il 29% dei mammografi ha più di dieci anni. Gabanelli osserva che a Roma, presso Tor Vergata, un mammografo ha superato i dieci anni; al San Giovanni ce ne sono tre, uno dei quali è vecchio; al Gemelli, uno dei più grandi ospedali privati convenzionati d’Europa, ci sono quattro mammografi, uno dei quali è obsoleto; e gli Istituti fisioterapici ospitalieri (Ifo) ne hanno tre, con uno troppo vecchio. “Nel Lazio ci sono complessivamente 105 mammografi nelle strutture pubbliche e 161 nel privato accreditato, ma il 35% di questi è fuori età, rispetto al 14% nel settore pubblico”. E in Lombardia? “All’Istituto Nazionale dei Tumori ci sono due mammografi, uno dei quali con oltre dieci anni, mentre il Policlinico ne ha tre, tutti di ultima generazione”. Tra i privati accreditati, “l’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) dispone di cinque macchinari, di cui uno troppo vecchio, mentre l’Humanitas di Rozzano ne ha sette, quattro dei quali obsoleti”.
In Veneto, l’ospedale pubblico di Treviso ha cinque mammografi, mentre l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona ne ha tre, entrambi con un mammografo oltre il limite di età. In Campania, nel privato accreditato, il 41% delle apparecchiature ha più di dieci anni, rispetto al 13% del settore pubblico. In Molise, su 14 mammografi, solo uno è recente. Passando alle risonanze magnetiche, i dati raccolti da Gabanelli mostrano che il 44% dei macchinari ha superato il decennio. “In particolare, le regioni che dovrebbero assolutamente investire in nuove apparecchiature sono Molise e Valle d’Aosta, perché non ne possiedono nessuna di recente fabbricazione. Anche in Sicilia (73%), Trento (67%), Toscana (66%), Liguria (64%) e Sardegna (62%) il numero di dispositivi obsoleti è allarmante”. Lo stesso vale per le Tac, con una preoccupazione aggiuntiva per la quantità di radiazioni emesse: “La differenza tra una Tac con più di dieci anni e una di ultima generazione può arrivare fino all’80%, e la diagnosi risulta anche più dettagliata”. In questo caso, il 36% delle Tac è obsoleto. “Negli ospedali pubblici del Molise, sette apparecchi su sette sono vecchi, e nel privato cinque su nove sono superati. Nel Lazio, il settore pubblico è migliore: solo il 21% delle Tac è obsoleto, contro il 38% nel privato accreditato. In Liguria, il 24% delle macchine nel pubblico è datato, mentre nel privato accreditato la percentuale sale al 47%”. L’ultima parte dell’inchiesta riguarda la Radioterapia, cruciale nella lotta contro il cancro. Il 46% dei macchinari è oltre il limite d’età. Gabanelli spiega: “In Lombardia, 30 acceleratori su 72 si trovano nel privato accreditato, dove il 73% delle macchine è datato, rispetto al 40% del settore pubblico.
L’Istituto Nazionale dei Tumori ne ha cinque, di cui tre con più di dieci anni. Tra i privati, l’Humanitas utilizza cinque macchinari recenti e tre obsoleti, mentre l’Istituto Europeo di Oncologia ne ha quattro, uno dei quali superato”. Nel Lazio, gli ospedali Gemelli, Tor Vergata, Sant’Andrea e Umberto I hanno tutti acceleratori con meno di dieci anni; San Camillo e San Giovanni ne hanno due in buone condizioni e uno vecchio; gli Ifo ne hanno tre, di cui due obsoleti. In Emilia-Romagna, tra le aziende ospedaliere universitarie, la situazione migliore è quella del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, con un solo acceleratore obsoleto su quattro. A Parma, uno su tre è vecchio, mentre l’ospedale di Modena ne ha due su tre obsoleti, e quello di Ferrara uno su due. In Toscana, il Careggi di Firenze ha cinque acceleratori, di cui uno datato”. Maglia nera a Sicilia e Sardegna, dove l’80% degli acceleratori lineari è fuori età.