Un anno fa risultavano 992 ponti – che attraversano strade e autostrade italiane gestite da Anas, costruiti in buona parte negli anni Sessanta – senza un padrone certo. E non avere un padrone certo vuol dire non avere qualcuno che provveda alla manutenzione. Ergo, il rischio per la sicurezza dei cittadini è altissimo. Ad oggi il numero si è minimamente ridotto, pur restando altissimo: sono infatti ancora 763 i cavalcavia senza identità. Su questi non sono state fatte le ispezioni approfondite previste per legge con cadenza annuale, ma soltanto quelle “a vista” ad opera dei cantonieri. A ricostruire questa pericolosa vicenda è Milena Gabbanelli, che fa sapere come la lista dei ponti “anonimi” non sia mai stata resa nota. Come va invece sui 14.500 ponti e viadotti che hanno una proprietà certa e che Anas deve gestire? Male.
Scrive la Gabanelli: “Un mese fa sul tavolo della ministra delle Infrastrutture, Paola De Micheli, è arrivato un documento. Era accompagnato da una lettera firmata da Gianni Armani, l’ex amministratore delegato di Anas, il quale, venuto in possesso dei dati sorprendenti sull’attività di sorveglianza, voleva informare il governo ‘per ragioni di sicurezza del Paese’. Il documento riporta i numeri riguardanti le ispezioni registrate fino a dicembre 2019. Si legge che in regioni come Piemonte e Friuli-Venezia Giulia, la casella verifiche obbligatorie annuali segna ‘zero’, quando ne erano invece previste rispettivamente 205 e 64. Nelle Marche ne è stata inserita una su 271, mentre le Autostrade Siciliane registrano zero ispezioni su 348 strutture”.
E poi: “L’Autostrada del Mediterraneo, che ha dentro anche la Salerno-Reggio Calabria con viadotti fra i più alti d’Europa: 7 ispezioni su 574. Per le ‘ispezioni sulla pavimentazione’, che registrano le condizioni dell’ asfalto, lo scorso dicembre il sistema sfornava uno zero tondo.Eppure Anas dispone di risorse importanti. Il contratto di programma stipulato con il ministero delle Infrastrutture aveva stanziato per il quinquennio 2016-2020 23,4 miliardi, aumentati lo scorso anno a 29,9, più della metà per la manutenzione programmata, l’adeguamento e la messa in sicurezza di ponti, gallerie e pavimentazione. In più, per il biennio 2019-2020, stanziati altri 2,7 miliardi da utilizzare per la manutenzione straordinaria. Sono stati spesi meno di 200 milioni. Cosa non funziona, dunque?”.
Innanzitutto se non carichi a sistema i risultati delle ispezioni, puoi gestire come ti pare i rapporti con le aziende. Scrive Gabanelli: “È il caso dei funzionari Anas di Catania e degli imprenditori recentemente arrestati in Sicilia: i lavori di manutenzione venivano eseguiti solo parzialmente, in modo da spartirsi il residuo. Corruzione. A Trieste sono in corso indagini su un sistema di spese gonfiate nella manutenzione delle strade e di mazzette a un paio di dipendenti Anas. A Firenze sono stati rinviati a giudizio in 18 fra cui 4 funzionari Anas, per affidamenti in urgenza e senza gara. Quando l’urgenza non c’era. Quindi: cavalcavia ‘anonimi’ senza interventi, attività d’ispezione annuale su quelli di proprietà ridotta al 28%, ispezioni sulla pavimentazione a zero. Di fronte a questi dati cosa dice il ministero delle Infrastrutture, al quale spetta il controllo dell’attività di Anas?”.
Risponde che, in merito ai propri ponti, “si è in attesa da Anas della relazione 2019” e, quanto a quelli anonimi, “Anas ha assicurato di aver messo in atto sorveglianze e controlli analoghi ai cavalcavia di proprietà”. Cioè, si fida del controllato. E il controllato, Anas, dice che va tutto bene. Conclude Milena Gabanelli: “Il suo amministratore delegato, Massimo Simonini, un manager interno senza esperienza di programmazione e controllo, voluto un anno fa dal ministro Danilo Toninelli, in dicembre era stato sfiduciato dal cda, per poi essere miracolosamente salvato”.
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