Facebook sembra estremamente deciso ad attivarsi al fine di creare nuove consistenti occasioni di guadagno per gli editori. In particolare sembra che l’ipotesi avanzata all’inizio dell’estate, quella relativa all’abbonamento per i cosiddetti “Instant Articles”, ovvero quelli velocissimi cui si può accedere tramite il proprio smartphone, sia ormai prossima ad attuarsi.
Il primo test in tal senso avrà luogo entro la fine di questo 2017, quando dieci tra le maggiori testate informative mondiali, tra cui il Corriere della Sera, avranno la possibilità di proporre forme di abbonamento per questo tipo di contenuti. Mentre i siti a pagamento proporranno l’abbonamento una volta che sia stato consultato un certo numero di articoli gratuiti, i giornali telematici che adottano una formula mista (mix di articoli a pagamento e gratuiti), continueranno in pratica nella politica precedente. La sottoscrizione non prevede però intermediari, ovvero avrà luogo proprio sul sito della testata coinvolta, alla quale andrà in maniera integrale l’introito.
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L’attenzione di Facebook per l’informazione
In tal modo Facebook sembra voler dare una risposta puntuale alle problematiche sorte a causa della scelta di alcuni settori politici di eleggere proprio il web a nuovo teatro della battaglia propagandistica in atto, a livello mondiale. Basterebbe al proposito ricordare quanto successo con il cosiddetto Russiagate, con le accuse elevate agli hackers russi di aver influenzato le elezioni presidenziali statunitensi indirizzando il risultato finale dalla parte di Trump, per capire come in effetti i problemi posti dal mix tra politica e Internet siano estremamente rilevanti.
Anche Google si è ritrovato nelle ultime settimane a fare i conti con la guerra in atto. Il gigante di Mountain View, infatti, è stato platealmente accusato da Alternative for Deutschland di aver boicottato quella che è stata la grande sorpresa delle elezioni tedesche, rifiutando di pubblicare alcune inserzioni pubblicitarie del partito di estrema destra.
Si tratta di episodi che fanno il paio con la discussione in atto anche nel nostro Paese, ove ad esempio Laura Boldrini, Presidente della Camera dei Deputati, ha affidato a quattro debunker il compito di individuare le cosiddette fake news, ovvero le bufale che sono ormai una consuetudine sul web.
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E’ l’informazione ad essere sotto accusa in buona parte del mondo
Il problema vero è che molte delle fake news imperanti a livello mondiale sono opera di mezzi di stampa che una volta erano considerati prestigiosi e che oggi non lo sono più. Lo dimostra anche il vero e proprio crollo dei dati di vendita, pressoché generalizzato e il profluvio di accuse verso organi di stampa ridotti molto spesso a fare da semplice cassa di risonanza per le tesi dei poteri dominanti. E’ quanto accaduto di recente in occasione delle vicende che hanno contrassegnato Siria e Venezuela, con la stragrande maggioranza di quello che è stato definito Mainstream dedito a propalare una narrazione rifiutata da moltissimi utenti. Così come sono sempre di più coloro che preferiscono affidarsi a siti definiti spregiativamente complottisti, che però cercano almeno di raccontare un punto di vista alternativo. In questo quadro, la nuova politica di Facebook e di Google, rischia in pratica di provocare un vero e proprio esodo di massa verso gli editori che non fanno pagare i propri contenuti, ma continuano ad affidarsi alla pubblicità online. A meno che finalmente, anche i giornalisti non recuperino uno spirito critico ormai perso e riescano finalmente a dare vita ad un’informazione di qualità, quella che ormai da troppo tempo manca in troppe parti del mondo, anche ove la democrazia dovrebbe dispiegarsi in tutta la sua forza.