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Anno nuovo, nuovi aumenti: prepariamoci a una stangata che riguarda tutti

Anno nuovo, vita nuova. È il detto: ma in Italia è meglio dire: anno nuovo, nuovi rincari. Sì, perché il rischio che i pedaggi autostradali aumentino è altissimo. Nei giorni scorsi il ministero dei Trasporti ha messo le mani avanti: “Si sta lavorando per arrivare a una sterilizzazione più ampia possibile della dinamica dei pedaggi, soprattutto in relazione a concessioni che sono sottoposte a procedure amministrative o con Pef scaduti, in attesa che entrino pienamente in vigore il nuovo assetto normativo e le prerogative rafforzate dell’Autorità di regolazione dei trasporti circa la dinamica delle tariffe”.

Al momento però sono solo parole. La decisione, come ricorda Il Corriere della Sera, spetta ai ministeri del Tesoro e dei Trasporti che decidono l’aumento dei prezzi dopo aver visionato i piani economico-finanziari delle società concessionarie.

Anche quest’anno saranno previsti i soliti aumenti: per Autostrade dello 0,81% rispetto all’anno precedente. Adesso non resta di capire cosa deciderà il governo soprattutto alla luce della tragedia del Ponte Morandi di Genova e del braccio di ferro con la società Autostrade. Stavolta però sarà un bel banco di prova per il governo perché per la prima volta ci sono i Cinque Stelle nella stanza dei bottoni e ai Trasporti c’è proprio Toninelli che ha dichiarato guerra ad Autostrade.

Contenzioso aperto a suon di deduzioni e controdeduzioni e con il primo risultato tangibile: l’esclusione della società controllata da Atlantia dalla ricostruzione del viadotto Morandi. Nel 2014, ad esempio, il governo Letta tentò di bloccare i rincari. Il dicastero dei trasporti bloccò per decreto gli adeguamenti tariffari. Ottenne di tutta risposta una sfilza di ricorsi da parte delle Concessionarie, infastidite dai mancati rincari.

Nella gran parte dei contenziosi lo Stato ha perso nei tribunali amministrativi (Tar e Consiglio di Stato) perché le convenzioni firmate negli anni Duemila mettono in una chiara posizione di vantaggio i gestori privati a danno dello Stato (per questo c’è un’indagine in corso della Corte dei Conti), degli automobilisti e degli autotrasportatori. Un caso-scuola è quello della A24, Roma-l’Aquila, gestito dal gruppo Toto, che nel 2017 ha ottenuto anche il riconoscimento dei mancati rincari innalzando del 10% il conto al casello.

Un salasso per chi da Roma va in Abruzzo, tra polemiche infinite, interrogazioni parlamentari, associazioni di consumatori in perenne contrapposizione e gli enti locali a denunciarne il costo per la collettività. Lo Stato non ha mai saputo davvero se gli investimenti delle società di gestione della rete abbiano senso per i volumi di traffico o servano soltanto per aumentare i margini economici delle Concessionarie. “E io pago!”.

 

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