Mentre Salvini continua a divorare voti, con le sue conferenze stampa a petto nudo, gli insulti razzisti e i post social che non fanno altro che alimentare odio e violenza, c’è qualcuno che in Italia si sta chiedendo se sia il caso di ridare vita a una nuova destra, una destra pulita e seria, che non ha nulla a che fare con i rutti, le urla e il razzismo del leader della Lega.
Se da una parte Forza Italia si sta sgretolando, e gli elettori sembrano migrare sempre più verso Giorgia Meloni, un altro esempio di neofascismo macchiettistico, dall’altra, cioè dal centro, c’è qualcuno, come Claudio Cerasa e Filippo Rossi, che richiama all’attenzione gli elettori di centrodestra, proponendo qualcosa di nuovo, e di vitale per la tenuta democratica del Paese.
Sul Foglio, Cerasa ha addirittura lanciato un appello, e scrive: “Mobilitarsi per una destra non truce. Lo spazio vero d’innovazione della politica non ha a che fare con la nascita di partitini di centro ma con la rinascita di una grande destra capace di emanciparsi dal salvinismo“. Nel suo articolo il direttore del Foglio riporta l’esempio di alcuni partiti recentissimi che sono partiti da zero, per poi avere un grande successo nel giro di poco tempo. E allora perché, in Italia, una nuova “buona destra“, come la chiama Filippo Rossi, non può fare lo stesso percorso?
“Il partito di Emmanuel Macron, partendo dal nulla, è arrivato da zero a ventiquattro punti percentuali nel giro di un anno, tra il 6 aprile del 2016 e il 9 maggio del 2017. I Verdi tedeschi, ripartendo quasi da zero, sono arrivati nel giro di due anni dall’8,9 per cento conquistato alle elezioni federali del 2017 al 20,5 per cento delle elezioni europee del 2019. Il Brexit Party di Nigel Farage, cominciando praticamente da zero, il 26 maggio del 2019 ha trionfato”. E la “buona destra italiana”?
La riflessione di Filippo Rossi, che su questo tema ha scritto un libro, in uscita a settembre (edito da Marsilio), è questa: “Esiste ancora una destra che non vuole arrendersi a Salvini? Laica, realista, autorevole ma non autoritaria, capace di dare risposte alle sfide della modernità?”. Secondo Filippo Rossi non solo esiste, ma è in grande fermento. Rossi ha scelto un titolo emblematico per il suo libro: Dalla parte di Jekyll. Manifesto per una buona destra. “Le sue contraddizioni – spiega Rossi – si possono raccontare facendo ricorso allo strano caso del Dottor Jekyll e di Mister Hyde che, a ben vedere, non è poi così strano”.
“Come all’interno di una stessa individualità ci possono essere il buono e il cattivo, e i medesimi impulsi possono sfociare in comportamenti diversi e contrapposti, ciò vale ancor di più per le identità collettive. Così all’alter ego capace di ogni nefandezza che vediamo oggi e che esprime l’istinto spaventato e arrabbiato, il subconscio bestiale, si oppone una destra sana che deve reagire per riprendersi il suo posto nella storia, e non finire come il protagonista del romanzo, uccisa dalla sua stessa ombra”.
Rossi dunque propone un viaggio alla ricerca di una possibile via, che accetta la sfida del nuovo, il cambiamento come stile di vita. Un potente appello a tutti coloro che si sentono viandanti culturali, migranti politici, e che rifiutano la retorica delle radici e la tirannia degli album di famiglia.
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