Chi non ha pensato almeno una volta, se sia possibile aprire un conto all’estero? Con la situazione economico-finanziaria incerta in Italia, sono ormai in molti a valutare l’opzione di aprire un conto corrente estero per tutelare i propri risparmi, ma è legale farlo? E soprattutto, è davvero conveniente aprirlo? Fate bene i conti prima, perché non è tutto oro quel che luccica. L’operazione in se è legittima e non troppo complicata, ma i costi possono essere molto alti (ad esempio si può arrivare anche a 5 euro per un prelievo a sportello automatico in Francia, o 10 euro a Monte Carlo) e comunque la tracciabilità fiscale rimane. Inoltre può esserci il problema della soglia d’ingresso. Non sempre bastano poche migliaia di euro per aprire un conto. “Se l’obiettivo è tutelarsi dall’eventuale patrimoniale, che il denaro sia in Italia o altrove non sarà possibile aggirare l’ostacolo” dice Leo De Rosa, managing partner dello Studio Russo De Rosa. A meno di spostare davvero la residenza.
Ma come si fa ad aprire un conto corrente estero?
Per trasferire i soldi legalmente all’estero ci sono due modi: si può aprire il conto online, facendosi dare l’iban e dando l’ordine alla propria banca italiana di trasferivi il denaro; oppure si possono prelevare i soldi e portarli fisicamente oltreconfine. In entrambi i casi le somme vanno dichiarate al Fisco attraverso la dichiarazione dei redditi nel paese in cui vengono percepiti. L’alternativa è affidarsi a una fiduciaria perché li depositi all’estero. In questo caso il cliente dà disposizione alla propria banca affinché trasferisca i soldi su un conto intestato alla fiduciaria in Italia. Che a sua volta, sempre su disposizione del cliente, sposta il denaro su un conto estero a lei intestato. Così il trasferimento resta Italia su Italia e non servono dichiarazioni fiscali. Poi sarà la fiduciaria, che agisce da sostituto d’imposta, a occuparsi di applicare le imposte previste sui capitali all’estero: il 2 per mille sul deposito titoli (è l’Ivafe, Imposta sul valore delle attività finanziarie estere); i 34,20 euro di bollo; il 26% sugli interessi attivi dei conti di deposito. A quest’ultima aliquota va aggiunta quella alla fonte su dividendi e interessi, prevista dal Paese in cui si ha aperto il conto. In Svizzera è il 35%, in Francia il 30%, in Lussemburgo il 15%. Si può chiedere il rimborso, ma non è semplice fare da sé.
Innanzitutto, se il timore è l’arrivo di una tassa patrimoniale, il denaro sarebbe soggetto al prelievo comunque. Le tasse sono legate al cittadino residente in Italia e il trasferimento è tracciato, per la normativa sul monitoraggio fiscale. La segnalazione deve partire sia dalla banca sia dal contribuente. La banca italiana deve infatti segnalarlo, tanto più se si va in un Paese nella black list, la “lista nera”, e Monte Carlo c’è. “La banca fa segnalazione per possibile sospetto di riciclaggio o auto-riciclaggio all’Ufficio italiano cambi della Banca d’Italia. Poi la segnalazione arriva alla Guardia di Finanza che farà accertamenti ulteriori”, dice Vedana. Il titolare del conto inoltre, e chi il conto lo movimenta (per esempio un familiare), deve indicare in dichiarazione dei redditi (il famoso quadro RW) il valore del conto (e del dossier titoli), pena la multa del 3-15% di quanto non dichiarato che raddoppia nei Paesi black list. L’obbligo dichiarativo scatta sopra i 15 mila euro, la compilazione del quadro RW va fatta sempre. Ma quanto costa aprire un conto all’estero? Avere informazioni dall’Italia è difficile, la trasparenza è scarsa.
A titolo orientativo, ecco qualche valore sul Principato di Monaco. Qui le banche più economiche sono quelle francesi. Per un deposito di 500 mila euro il libretto degli assegni è gratis, la carta di credito costa massimo 40 euro all’anno (poco più dei circa 3o della media italiana), il costo di tenuta conto è di 40 euro all’anno e i diritti di custodia sul deposito titoli sono lo 0,10%. Però il prelievo di contanti all’Atm costa 5 euro, contro i circa 2 dell’Italia. E può capitare di vedersi rifiutare il libretto degli assegni se non si depositano almeno 20 mila euro. A Monte Carlo invece in una banca come Edmond De Rotschild, focalizzata sul private banking, il costo annuo di tenuta conto può essere di 300 euro, quello della carta di credito 80, il prelievo di contanti all’Atm può costare come detto 10 euro e i diritti di custodia per il deposito titoli sono dello 0,40% per patrimoni sotto il milione di euro. La consulenza per chi ha più di due milioni costa in più lo 0,20%. Un vantaggio però c’è: un conto in euro aperto all’estero da un cittadino italiano rimane denominato in euro anche se l’Italia uscisse dall’Unione europea (ipotesi però valutata dagli esperiti ancora lontana).
In linea generale, le quattro cose principali da selezionare sono: diversificare gli investimenti con valute forti, come il franco svizzero (o il dollaro); non tenere più di 100 mila euro su un solo conto, perché il fondo interbancario di tutela dei depositi salva i capitali fino a questa soglia; un conto corrente all’estero è per parcheggiare parte dei soldi, non va usato per la spesa di tutti i giorni; infine, non contare di guadagnare sui rendimenti delle giacenze, perché sono zero.
Le più convenienti sono le banche online
L’online comunque conviene sempre. Negli istituti di credito digitali puri (o diretti, comunque alternativi a quelli tradizionali) il costo annuo di un conto corrente è un sesto rispetto a quello classico in filiale. È di 22 euro infatti, anziché di 142, l’Indicatore sintetico di costo (Isc) delle otto maggiori banche che lavorano sul web, per una famiglia con operatività media (228 operazioni all’anno). Le più convenienti, nell’indagine dell’Economia del Corriere della Sera sono Webank (gruppo Bpm) e l’olandese Ing (Conto corrente Arancio) con un cartellino del prezzo indicativo di zero euro. A seguire Iw Bank (gruppo Ubi) con 3,80 euro l’anno, quindi Widiba (gruppo Monte dei Paschi) con 24 euro e Fineco (Unicredit) con 24,61. Dal sesto all’ottavo posto ci sono Web Sella con 33,70 euro, il conto Yellow di CheBanca! (gruppo Mediobanca) con 36 euro e HelloBank! (gruppo Bnl) con 52 euro. È evidente il divario con gli istituti di credito classici, dove un conto corrente per la famiglia media varia tra gli 86 euro di Mps agli oltre 190 di Unicredit e Intesa. Occhio però perché dietro i costi minori delle banche web ci sono commissioni diverse a pagamento. Innanzitutto, quella sui prelievi di contante allo sportello automatico: attenzione perché spesso si paga. Per il prelievo al Bancomat si sfiorano i 2 euro in Websella (1,81 euro) e Iw Bank (1,90), ma entrambe offrono alcuni prelievi gratis al mese, rispettivamente quattro e tre. In Widiba e Fineco conviene prelevare più di 100 euro perché sotto questa soglia si paga. Per il resto, le condizioni degli istituti via Internet sono sempre convenienti. Il bonifico online su altra banca è sempre gratuito. E la carta di credito ha un canone medio di 17 euro, cioè meno della metà rispetto ai 40 delle banche tradizionali (gratis in Ing e Websella).
Non stupisce perciò che i clienti delle banche online stanno crescendo. Ing Italia ne dichiara 1,3 milioni. Nei primi nove mesi di quest’anno ha aperto, dice, 100 mila nuovi conti correnti (+15%) e ha visto scaricare 2,5 milioni di app: quasi quattro correntisti web su dieci (il 38%) accedono al conto con un’app, il doppio di tre anni fa (22%). Ma sette su dieci sono stati in una filiale fisica negli ultimi tre mesi.
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