L’Italia è un paese sempre più vecchio, e di conseguenza aumenta anche la domanda di assistenza agli anziani, sopratutto nelle Rsa. Tra risorse scarse e taglio ai fondi, la sanità pubblica socio-assistenziale fa fatica ad andare avanti. Anzi, l’offerta pubblica va sempre peggio e quella privata nettamente più costosa rimane un lusso per pochi. Al centro del problema ci sono le Rsa, ovvero le strutture che ospitano per un periodo variabile (da poche settimane al tempo indeterminato) persone non autosufficienti, che non possono essere assistite in casa e che necessitano di specifiche cure mediche. Il costo di permanenza nelle Rsa è finanziato in parte dal paziente che dovrà essere preso in cura dalla struttura ed in parte dallo Stato. Per quanto riguarda i costi, gli importi specifici sono stabiliti in base al proprio Isee. Essendo sovvenzionate, in termini economici spesso risulta più vantaggioso rivolgersi ad una Rsa piuttosto che ad una struttura totalmente privata. Da recenti indagini però è emerso che trovare un posto all’interno di esse sta diventando sempre più un’impresa.
Assistenza anziani in Rsa: l’odissea del posto
Come ha riportato il quotidiano la Repubblica, i posti nelle Residenze per anziani sono 270mila, dei quali 50 mila privati, del tutto a carico degli ospiti. Per i 220mila convenzionati la retta, superiore a tremila euro al mese, viene pagata per metà dalla Regione di residenza dell’anziano. La soluzione alternativa all’assistenza anziani in Rsa è quella di rimanere a casa ed affidarsi alle cure di una badante: secondo i dati Istat, le assistenti familiari sono circa 1 milione e 130 mila considerando anche quelle irregolari. Anche in questo caso però il costo di una persona che assista regolarmente un anziano ha un costo che varia dai 1000 ai 1300 euro in base alla mansione svolta, e solitamente comprensivo di vitto e alloggio. Insomma anche qui la cifra non è esattamente accessibile a tutti. E così con un’offerta pubblica che va sempre peggio e quella privata rimane un lusso per pochi visti i costi, aumentano gli anziani non autosufficienti che restano scoperti dalle cure assistenziali a loro necessarie.
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La crisi delle Rsa
A questo quadro desolante si aggiungono anche gli strascichi della crisi pandemica. Infatti durante il periodo in cui il Covid-19 era nella sua fase più aggressiva, sono stati migliaia gli anziani morti nelle strutture socio-assistenziali a causa del virus, con una conseguente perdita di entrate non indifferente. Oltre i problemi economici ci sono anche quelli legati al personale delle strutture che essenzialmente non si trova, e così sono sempre di più le Rsa che sono costrette a lavorare con un organico ridotto. Questo mix letale sta causando il blocco delle disponibilità dei posti in queste strutture, facendo aumentare le loro liste d’attesa. Come spesso accade chi ne paga lo scotto maggiore sono tutte quelle famiglie a basso reddito, che non possono permettersi di sostenere i costi elevati di una struttura privata.
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Aumentano le richieste d’ingresso, ma diminuisce il personale
L’Osservatorio long term care del Cergas di Bocconi ha da poco reso noti i dati sul personale delle Rsa. Le strutture hanno seri problemi di organico visto che manca il 21,7% degli infermieri, il 13% dei medici e il 10% degli Oss, operatori sociosanitari. Va un po’ meglio rispetto al 2020 ma quello era l’anno del Covid, quando il numero degli ospiti era calato drasticamente. Cergas fa notare che il sistema regge grazie ai lavoratori immigrati, che arrivano anche da fuori Europa. I letti sono 270mila, troppo pochi. Per Paolo Moneti, vicepresidente di Anaste, una delle più grandi organizzazioni di titolari di Rsa, “dovrebbero essere almeno il 50% in più, circa 400 mila. Così avremmo un numero di letti per mille anziani simile alla media degli altri Paesi europei”. A breve, le Rsa porteranno al ministro alla Salute Orazio Schillaci le loro proposte sulla legge per la non autosufficienza, che ha appena iniziato il suo percorso parlamentare in Senato.
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