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Autostrade, mano lesta sui pedaggi e braccio corto sugli investimenti: tutto scritto nella concessione

Un faldone elettronico pesante, oltre 600 pagine di documenti. Contratti, tabelle, elenchi con date e cifre. E’ il contenuto di una cartella zippata, caricata a fine agosto sul sito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dal titolo “Convenzione con Autostrade per l’Italia”. Dopo la tragedia del ponte Morandi costata la vita a 43 persone la questione delle concessioni autostradali è tornata prepotentemente in primo piano. Sono anni che se ne parla in modo critico ma il Movimento 5 Stelle dopo la tragedia di Genova è tornato all’offensiva. Luigi Di Maio, nei giorni successivi al crollo del ponte Morandi ha attaccato duramente il modello delle concessioni, considerate un affare solo per i concessionari, e chi lo avrebbe permesso (i governi precedenti). La pubblicazione sul sito del Ministero è avvenuta in contemporanea con quella sul portale di Autostrade per l’Italia, segno che la società non intende opporsi all’operazione trasparenza. Cosa emerge da questi documenti? Ci sono discrepanze tra quanto previsto e quanto realizzato da Autostrade sulle tratte di sua competenza?

Lo schema di convenzione tra Anas e Autostrade per l’Italia

Prima di tutto, nel testo dello schema di convenzione firmata dal presidente di Anas Pietro Ciucci e dall’amministratore delegato di Autostrade Giovanni Castellucci, sono indicati chiaramente gli investimenti sul potenziamento della rete che Autostrade s’impegna a fare a fronte della concessione. Il testo, che è del 12 ottobre 2007, cita numerose realizzazioni già portate a termine in questi undici anni e altre di cui non si conosce ancora il destino, tra cui la Gronda di Genova. Intanto Autostrade per l’Italia ha la responsabilità di 2854,6 chilometri di Autostrade, tra cui spiccano gli 803,5 della A1 Milano-Napoli, l’Autostrada del Sole. Tra le tratte di competenza di Autostrade per l’Italia c’è anche l’A10, la Genova-Ventimiglia,  quella del ponte Morandi. “Sono affidati al concessionario le attività e i compiti necessari per l’esercizio delle autostrade di cui all’elenco allegato nonché ai sensi dell’art. 14 della legge 12 agosto 1982 n° 531, la progettazione ed esecuzione degli interventi di adeguamento richiesti da esigenze relative alla sicurezza del traffico o al mantenimento del livello di servizio […]”. Al punto De) dello schema di convenzione si parla della gronda di Ponente e interconnessione A7/A10/A12. Si tratta di quell’opera che avrebbe dovuto alleggerire il carico di traffico sul tratto cittadino della A10 e quindi anche sul ponte Morandi. Opera di cui non c’è ancora traccia. Perché? Lo vediamo più avanti.

Quanti soldi ha investito Autostrade nel potenziamento e manutenzione della rete

Parliamo di soldi. Quanto vale la concessione ad Autostrade per l’Italia? La convenzione ha durata fino al 2038, prolungata quest’anno fino al 2042 per gentile concessione dell’Unione Europea.  Lo schema di convenzione del 2007 richiama quanto già programmato nelle precedenti. Autostrade ha ricevuto rilevanti fondi pubblici per l’esecuzione delle opere di potenziamento della rete: 51,6 milioni per il 1996, 25,8 milioni per il biennio 1998-99, 28,4 milioni per il 2000, 38,7 milioni dal 2001 al 2012, 10,3 milioni ogni anno dal 1997 al 2016 e 51,6 milioni per gli anni 2013/2017. La convenzione prevede che Autostrade per l’Italia  versi “un canone annuo fissato in misura pari al 2,4% dei proventi netti dei pedaggi”. A questo si aggiunge un 5% dai guadagni delle subconcessioni o di attività collaterali.

Tutto qui? No, perché nel 2013 Autostrade aggiorna il piano finanziario collegato alla convenzione. Alla voce investimenti la cifra è 19,3 miliardi di euro. Di questi, 10,3 miliardi sono quelli dedicati agli interventi per gli anni 2013-38. Alla voce manutenzione l’impegno di investimento è inferiore ai 300 milioni di euro l’anno. Si parte da 284,4 milioni di euro nel 2013 fino ad arrivare a 291,9 milioni nel 2038.  Sono quasi centomila euro per chilometro di autostrada ogni anno: una cifra importante che torna spesso nelle tasche del concessionario. Per le nuove terze e quarte corsie, ad esempio, gli interventi sono affidati spesso a Pavimental il che significa alla stessa Autostrade considerato che ne controlla il 59,4% del capitale sociale. Centomila euro a chilometro ogni anno per la manutenzione ma il ponte Morandi è crollato e molti altri tratti autostradali versano in condizioni pietose. Chi controlla che le manutenzioni siano fatte a regola d’arte? In teoria il concessionario stesso, quindi Autostrade. Il ministero delle Infrastrutture dice che le regole prevedono il “trasferimento al concessionario (nel caso specifico ad Autostrade per l’Italia, ndr) di ogni onere connesso alla verifica dello stato dell’infrastruttura, come peraltro acclarato dall’articolo 14 del codice della strada”.

Perché la gronda di Genova non è stata realizzata

La Gronda di Genova, inserita nella convenzione fin dal 2007, è ancora sulla carta. Perché? Qui il discorso è tutto politico e coinvolge parte dell’attuale maggioranza che oggi attacca autostrade per la vicenda del ponte Morandi. Questo nuovo tratto di autostrada doveva collegare la A10 e Genova e alle autostrade A7 a A12, bypassando l’attuale tratto cittadino dell’Autostrada dei Fiori. Ma il progetto ha subito rallentamenti per la forte opposizione dei comitati “No Gronda” sostenuti dal Movimento 5 Stelle. Proprio qualche settimana prima della tragedia del ponte Morandi, in continuità con la storica opposizione del Movimento, il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli aveva inserito la Gronda di Genova tra le opere destinate ad essere ridiscusse o cancellate. Sì perché la Gronda di Genova si doveva fare come abbiamo visto fin dal 2007, il suo progetto è stato sottoposto a dibattito pubblico tra il 2008 e il 2009 ma ha subito ritardi e l’iter verso il progetto definitivo è iniziato solo nel 2011. All’accordo di programma tra Stato e Regione per la realizzazione dell’opera si è arrivati solo nel 2015. Infine, nel settembre del 2017 il predecessore di Toninelli, Del Rio, aveva firmato il decreto che sanciva l’approvazione del progetto definitivo e dichiarava la pubblica utilità dell’opera.

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