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Azione: ecco il nostro “Next Generation Italia”

di Gabriele Iuvinale

Azione, il partito politico guidato da Carlo Calenda, anticipa tutti e presenta ufficialmente il suo Recovery Plan. Si chiama “Next Generation Italia – #ilfogliodelcome”. Il nome è già un programma, ambizioso, molto ben articolato ed in linea con le idee fondanti del movimento. I pilastri sono una politica incentrata sui bambini, giovani e donne. Insomma, il futuro del nostro Paese. Si articola con un intervento a 360°, con l’intento di ridurre il gap sociale e risolvere i ritardi italici connessi alla povertà, alle disuguaglianze ed ai giovani.

Azione crede che la prospettiva debba essere sempre quella dell’avanzamento della società, che non può essere riassunto nella crescita del PIL. Da questo punto di vista, modernizzazione dello Stato Sociale e Sviluppo Sostenibile sono indissolubilmente legati.

Noi crediamo nello Stato sociale. Crediamo che lo Stato debba garantire una vita di qualità a tutti coloro che si impegnano per ottenerla, indipendentemente dal genere, dall’etnia e dal reddito. E quindi crediamo in condizioni minime di salute, reddito, casa e territorio. Anche qui, l’Italia è in ritardo non solo rispetto agli altri, ma a se stessa.

Sconfiggere la povertà, la fame, avere una istruzione di qualità, ridurre le diseguaglianze ed avere città e comunità sostenibili, sono gli obiettivi principali da raggiungere per colmare i ritardi cronici del nostro Paese, così recita il proemio del documento.

Le proposte

Bambini

Ricerche dimostrano come gli anni da 0 a 5 siano quelli più importanti per lo sviluppo dei bambini, poiché è in quegli anni che si formano le facoltà non cognitive (es: determinazione, fiducia, autostima) alla base di una vita stabile e proficua. Parimenti, le ricerche dimostrano che è proprio nell’età compresa tra 0 e 5 anni che si sviluppano le più grandi disuguaglianze tra coloro che nascono e crescono in ambienti sicuri, stimolanti e formativi e coloro che invece nascono e crescono in ambienti instabili e privi delle necessarie sollecitazioni, che quindi non formano il bambino adeguatamente. Non solo. Garantire servizi di prima infanzia aiuta i genitori, madri e padri, a trovare il tempo materiale per continuare a perseguire le loro opportunità e contribuisce al raggiungimento della conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare. Fornire servizi e aiuti per la prima infanzia può anche contribuire a un aumento della natalità, perché potrebbe rendere meno difficile per le coppie portare avanti una famiglia.

Queste considerazioni, evidenzia Azione, non solo giustificano, ma richiedono l’intervento dello Stato nelle politiche per la prima infanzia, a garanzia materiale di una partenza equa per tutti e per creare davvero quelle basi sulle quali poi si forma una nuova vita.

Le proposte si incentrano, dunque, su tre macro-obiettivi:

aumentare le strutture;

migliorare la qualità dei servizi;

stimolare la domanda.

Sono obiettivi interconnessi, dice il Piano, perché ciascuno in assenza dell’altro non può portare agli effetti desiderati, e richiedono una forte presenza dello Stato, in quanto principale garante della qualità e erogatore di servizi.

Giovani

Il Piano evidenzia come in Italia due milioni di giovani tra i 16 e i 29 anni non studiano e non lavorano, mentre la maggioranza di quelli che lavorano rimangono ai margini di un mercato del lavoro che li sottopaga e li precarizza. Questa condizione non consente loro di progettare una vita.

Il fenomeno dei cosiddetti NEET deve essere contrastato, sostiene il documento, attraverso una terapia d’urto di 24 miliardi di euro, e lungo due direttrici:

far ripartire coloro che sono NEET già oggi attraverso un investimento straordinario nella loro autonomia economica e nella loro formazione, dando loro finalmente accesso a quelle opportunità che gli so – no state sistematicamente tolte. Ciò comporta: 1) la creazione di un nuovo sostegno al reddito, che consenta loro di emanciparsi, spostarsi, formarsi e quindi riacquisire quella fiducia nel futuro che gli è stata tolta; 2) la creazione di nuovi percorsi di formazione breve e online che li aiutino ad acquisire le competenze mancanti; 3) un supporto digitale per la ricerca del lavoro, integrato a livello nazionale; 4) una revisione del contratto di tirocinio e sgravi per le assunzioni.

contemporaneamente, va evitato, sostiene Azione, che i giovani di domani diventino NEET garantendo loro un’educazione di qualità e formativa per il lavoro. Per farlo, Azione propone: 1) di riformare il ciclo scolastico, rafforzando la didattica nelle scuole secondarie di primo grado (scuola media) e posticipando la scelta professionalizzante di un anno, per dare solide competenze di base a tutti e contrastare la dispersione scolastica; 2) di creare un nuovo modello di formazione professionale, molto più vicino al mondo produttivo e alle sue esigenze, senza compromettere la formazione di base; 3) di riordinare il calendario scolastico, introducendo il tempo lungo e le mense in tutte le scuole; 4) di offrire un nuovo servizio di orientamento, supporto psicologico e di mediazione culturale all’interno di tutte scuole; 5) di attivare un piano straordinario per aree di crisi educativa; 6) di aumentare le retribuzioni degli insegnanti incentivando nel contempo un miglioramento qualitativo dell’insegnamento.

Donne

Le disparità di genere hanno radici profonde, sostiene il Piano. Esse originano da disuguaglianze sociali ed economiche e si riversano in una diseguale distribuzione delle opportunità tra donne e uomini. Inoltre, il tasso di partecipazione al mercato del lavoro femminile è pari al 56,5% in Italia, ultimo in Europa. Ed il lavoro femminile, già in situazione critica, è stato messo a dura prova dall’emergenza sanitaria. Occorre, dunque, eliminare la parità di genere, sostiene Azione.

Per farlo, il Piano propone:

congedi di genitorialità che equiparino uomo e donna, senza i quali le aziende preferiranno sempre assumere uomini, a parità di competenze.

fiscalità differenziata tra donna e uomo, per rimuovere alla radice il vantaggio all’interno delle famiglie di far lavorare l’uomo anziché la donna.

trasparenza obbligatoria nelle retribuzioni e negli organici, per conoscere dove si annidano le disuguaglianze e combatterle.

percorsi di eradicazione degli stereotipi di genere nelle scuole, nelle università e nelle aziende. 5 un fortissimo potenziamento della rete antiviolenza e delle case rifugio che agisca non solo da organismo reattivo, ma preventivo, attraverso un aumento delle sue strutture, del suo personale e della conoscenza con campagne di informazione coordinate. 6 introduzione di corsi di educazione sessuale, che includano anche nozioni relative alla parità di genere, in tutte le scuole pubbliche del territorio italiano.

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