L’Europa pressa l’Italia sui balneari. Il governo Meloni rischia una maximulta se non adeguerà le normative alla direttiva Bolkenstein sulla concorrenza. Sulle concessioni agli stabilimenti balneari, la Commissione Ue aumenta la pressione affinché Roma si allinei con la direttiva Bolkestein. La questione “deve essere risolta urgentemente”, fanno sapere fonti Ue, riferendo che Bruxelles è pronta a inviare, forse già mercoledì un parere motivato con la richiesta all’Italia di conformarsi “entro due mesi”. La presidente Giorgia Meloni “si è impegnata a presentare all’Ue proposte molto rapidamente”, riferiscono le fonti, riportate dall’Ansa.
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Stabilimenti balneari, perché l’Europa pressa l’Italia
Il varo del recente decreto Milleproroghe non ha risolto la questione delle concessioni balneari, ulteriormente prorogate come da vent’anni a questa parte. Già due anni fa la Commissione europea aveva avviato una procedura di infrazione, che aveva spinto il Comune di Lecce a interpellare la Consulta per una risposta sul da farsi. La risposta era arrivata in senso costruttivo, ma il nuovo governo ha nuovamente mischiato le carte in tavola. Ed ecco perché l’Europa pressa l’Italia sui balneari.
Risultato: l’ulteriore proroga delle concessioni è stata definita uno “sviluppo abbastanza inquietante”, da parte della portavoce dell’esecutivo comunitario per il Mercato interno dell’Ue, Sonya Gospodinova. “La Commissione ha preso ultimamente diverse decisioni che riguardano il Portogallo e la Spagna per le concessioni balneari o nel campo delle coste“, ha aggiunto la portavoce, sostenendo che “questo indica che si tratta di un settore che è molto importante economicamente e che la sua modernizzazione deve essere attuata e deve essere anche stimolata dagli Stati membri”.
Concessioni balneari, una vecchia questione “imbarazzante” per l’Europa
L’Italia non è il solo Paese in cui le concessioni balneari vengono rinnovate senza gara, nonostante la cosiddetta direttiva Bolkestein del 2006. Ma il braccio di ferro con l’Italia va avanti da più tempo. La Commissione europea ha più volte rimproverato al paese la mancata applicazione della direttiva. Nel 2009 siamo stati bersaglio di una prima procedura d’infrazione, seguita nel 2016 da una sentenza della Corte di giustizia Ue che intimava a Roma di adeguarsi alle regole. Nel dicembre 2020 l’esecutivo europeo ha avviato una nuova procedura d’infrazione, che questa volta potrebbe concludersi con una sanzione pecuniaria, sottolineando che l’Italia non solo non aveva ancora attuato la sentenza della Corte del 2016, ma che “da allora ha prorogato ulteriormente le autorizzazioni vigenti fino alla fine del 2033 e ha vietato alle autorità locali di avviare o proseguire procedimenti pubblici di selezione per l’assegnazione di concessioni, che altrimenti sarebbero scadute”.
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