Insieme all’emergenza sanitaria per i malati di Covid-19, ogni giorno diventa più grande anche l’emergenza economica che sta affliggendo sempre più famiglie italiane: costrette a casa, sono tante le persone che non potendo andare a lavorare non hanno più un’entrata economica, o hanno addirittura perso il posto. Nei giorni della pandemia il lavoro seminascosto dei volontari che danno da mangiare a chi non ha più niente è ancora più importante. Dal 1989 la Fondazione Banco Alimentare raccoglie e recupera generi ed eccedenze alimentari della produzione agricola, dell’industria alimentare, della grande distribuzione e della ristorazione e le distribuisce alle strutture caritative che in Italia svolgono attività assistenziale verso le persone più indigenti. A lanciare l’allarme è Giovanni Bruno, presidente della Fondazione che coordina 21 Banchi sparsi sul territorio italiano: “Oltre all’emergenza sanitaria – ha raccontato il presidente in un intervista con Il Foglio – stiamo affrontando un’emergenza economica che è anche alimentare e sociale: i nuovi poveri aumentano, la scorsa settimana abbiamo registrato una crescita delle richieste del 20 per cento, con punte del 40 in zone come la Campania o il foggiano”.
Prima dell’emergenza il Banco Alimentare aiutava 7.500 strutture caritative che a loro volta aiutavano un milione e mezzo di persone. Ad oggi il Banco Alimentare sta riuscendo a soddisfare quasi tutte le richieste, ma il capo della fondazione si è chiesto fino a quando sarà possibile farlo: “Lo sforzo maggiore è stato continuare a fare una attività ordinaria in una situazione straordinaria – ha proseguito Bruno – Abbiamo dovuto fare i conti con il venire meno del 50% dei volontari abituali, perché over 65 e quindi costretti a casa. Questo ha portato inevitabilmente a un aumento dei costi. Grosse difficoltà sono arrivate dal susseguirsi dei decreti sempre più stringenti: le strutture caritative non sapevano se potevano venire a ritirare il cibo da consegnare ai poveri, se bastasse o meno l’autocertificazione. Anche il nostro lavoro ha dovuto rallentare per adeguarsi alle nuove misure, pulire più volte al giorno, fare in modo che l’arrivo dei volontari non si sovrapponga a quello di altri. Il nostro obiettivo è stato quello di cercare di essere operativi e di mantenere vivo e desto il rapporto con le associazioni caritative. Ci siamo coinvolti con gli enti pubblici – in molti comuni forniamo cibo ai Centri operativi comunali che poi li distribuiscono – e anche grazie al programma europeo per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti e alle donazioni (informazioni sul sito del Banco, ndr) per ora ce la stiamo facendo”.Serve nuova creatività anche per tenere in vita un’opera che da decenni fa del bene: “Abbiamo visto venire meno una serie di strumenti di raccolta fondi che i nostri banchi usavano, dall’open day al magazzino alla cena con gli imprenditori, dai concerti agli spettacoli di beneficenza… Tutti eventi che non si possono più fare”. Il Banco alimentare ha già lanciato appelli alle catene della grande distribuzione e alle industrie alimentari: “Poco alla volta il recupero di alimenti da distribuire aumenterà”. C’è poi una serie di iniziative locali. L’ultima, partita ieri, è un accordo fatto in Sicilia con la Caritas, la guardia forestale e la regione per recuperare prodotti ortofrutticoli direttamente sul campo. Quando anche sarà finita l’emergenza sanitaria, la crisi economica lascerà strascichi per molto tempo: “Per tanti non sarà facile ripartire: noi vogliamo continuare a esserci, anche se ci piacerebbe potere sparire – ha affermato ironicamente Bruno – perché vorrebbe dire che nessuno ha più bisogno”.
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