Di Steve Bannon vi abbiamo parlato già più volte. Degli “affari romani”, con la sede della sua nuova scuola di formazione politica stabilita alle porte della capitale, in una splendida certosa avuta in affitto per pochi spiccioli. Poi vi abbiamo detto del suo endorsement per il governo Conte, nato dall’alleanza tra Lega e Movimento 5 Stelle. Perché l’ex stratega della campagna presidenziale di Donald Trump pensa davvero che la compagine gialloverde sia un esempio da seguire, tanto da affermare in un’intervista a Politico che l’Italia in questo momento “è al centro dell’universo politico”. Tutto bene? Insomma. L’ideologo della nuova destra identitaria americana ha un obiettivo preciso: ottenere la sudditanza dei movimenti e partiti populisti e sovranisti europei, unendoli (frange estreme incluse) sotto l’egida del suo The Movement.
Ma la “sacra alleanza sovranista“, ben condita di razzismo, può davvero prendere forma sotto la guida di Steve Bannon? Il Foglio lo definisce “il Trotsky della rivoluzione populista”, un mix di ideologo e uomo d’azione che con il suo The Movement vorrebbe sobillare le masse europee, spronandole alla lotta contro quella che lui definisce “la dittatura di Davos”. Non è scevro da elogi per Bannon il lungo articolo che introduce l’intervista all’ideologo americano. Ci sentiamo di concordare sulla descrizione di Bannon quale prodotto della working class americana, quella però dei professionisti che hanno attraversato tutti i luoghi che contano nell’ultimo trentennio americano: da Harvard a Hollywood passando da Goldman Sachs per finire, guarda caso, nel centro del potere: Washington.
Un “self made politician” dunque, ambizioso, talentuoso e anche fortunato. Fortunato ad avere incontrato Donald Trump nel momento storico più favorevole per la politica anti-establishment e nel momento di maggiore debolezza dei Democratici. Ambizioso e talentuoso nel ripensare la comunicazione politica oltreoceano, intaccando seriamente il predominio culturale dell’intellighenzia liberal, del tutto disinteressata, non al populismo, bensì al “popolo”. Chi ricorda del periodo hollywoodiano di Bannon i documentari sullo spirito americano? Erano veri e propri manifesti della nuova destra identitaria, pieni di citazioni filosofiche e musiche wagneriane. Parlavano dello scontro di civiltà e di come le generazioni alternandosi modellano la storia e determinano il corso degli eventi. Steve Bannon, federando le forze sovraniste, populiste e razziste della destra europea, vuole replicare il processo di genesi della destra identitaria americana, questa volta in un contesto transnazionale. Ambizioso vero? E anche molto difficile.
Quello che conta, però, è l’obiettivo finale. Distruggere l’Europa per come è stata negli ultimi sessant’anni e renderla di nuovo ancella degli Stati Uniti come nell’immediato dopoguerra, ma con una politica opposta allo spirito del piano Marshall. Altro che sovranismo, questo è neocolonialismo yankee. Sicuramente Bannon sa come aggregare attorno a sé chi ha energie e forza dirompente, per incendiare l’algido contesto del Vecchio Continente. Come è accaduto negli USA attorno al Breitbart News, il giornale ereditato da Bannon alla morte del suo maestro, Bannon conta di raccogliere attorno a The Movement pensatori, ideologi e personaggi sempre considerati al margine, pescati in tutte quelle nicchie di (ex) minoranza della destra europea. In Italia, dopo l’adesione ufficiale di Matteo Salvini e gli incontri segreti con Di Maio, sarà interessante vedere che cosa succederà con la scuola di formazione politica di Bannon, quali personaggi inizieranno a ruotare attorno alla Certosa di Trisulti. Una cosa è certa, aspettatevi di vedere ben altre facce rispetto a quelle di Salvini e Di Maio. Dai Lepenisti italiani vicini al Talebano, l’associazione culturale di Vincenzo Sofo, 31enne di origini calabresi ma trapiantato a Milano e iscritto alla Lega, fidanzato di Marion Le Pen nipote della leader del Front National, a gli “amici” di Casa Pound , tanto graditi anche a Salvini siamo convinti che lo spirito di Trisulti rapirà il cuore dell’estrema destra italiana.
Lo si è capito alla festa di Fratelli d’Italia, Atreju, quando Meloni nel difendere l’invito a Bannon ha parlato della necessità di “alleanze al di fuori dei confini italiani”. Proprio quello che vuole l’ex stratega di Trump. Qualche giorno fa il regista Michael Moore diceva: “Ho parlato a lungo con Bannon e mi ha fatto capire che l’obiettivo del suo movimento in Europa è resuscitare il fascismo, sotto mentite spoglie”. Beh, neanche tanto mentite se domenica a Praga l’ideologo americano ha incontrato Viktor Orban e altri leader della nuova destra europea, e se da mesi corteggia il Front National e l’Afd in Germania. Quindi, quando ci chiediamo se sia tutto pronto per questa nuova “sacra” alleanza, la domanda è del tutto retorica. La “sacra alleanza populista” è già nata.
Piuttosto, quello che attende Bannon e la sua squadra è la costruzione di un linguaggio comune, con il collante dell’anti-europeismo e della difesa degli interessi delle singole Nazioni, in altre parole il sovranismo. Con The Movement Bannon vuol provare a diventare, per l’Europa, quel che è stato negli ultimi anni per gli Stati Uniti: il direttore d’orchestra del populismo europeo. Per farlo è disposto a mettere in campo le stesse forze già utilizzate oltre oceano: un utilizzo spregiudicato della comunicazione, con una truppa organizzata di blogger e troll sui social media; finanziamenti ai think tank più vicini alla destra nazionalista; sostegno ai giovani leader locali alla ricerca di consensi e per questo manipolabili. Per farlo servono molti soldi, ma gli “amici” che hanno sostenuto Trump ne hanno molti da spendere. “Quel che voglio – ha dichiarato tempo fa Bannon al corrispondente italiano del New York Times – è costruire un’infrastruttura globale per il movimento populista globale”. Attenti, dunque: la nave è già partita e non è certo una bagnarola, anzi, la prua assomiglia a quella di un rompighiaccio.