La maggior parte dell’ elettronica di tutti i giorni si carica di batterie al litio – quelle che non si riesce a trovare nel cassetto quando il telecomando è morto! Eppure i giorni della doppia A potrebbero finire.
Attualmente, la stragrande maggioranza delle batterie utilizzano il litio, tanto che questa risorsa è diventata un bene strategico. Non serve solo per quelle degli smartphone, ma per molti altre cose quindi è naturale che sia diventato un bene ricercato e conteso. Il rischio che nasca una crisi in merito c’è quindi trovare altre alternative è un obiettivo concreto. A Melbourne, in Australia, degli scienziati universitaria del RMIT hanno fatto dei passi in avanti, hanno creato un prototipo di batteria alternativa che funziona con carbone e acqua.
Questa è la prima batteria protonica ricaricabile, una soluzione di accumulo di energia che funziona con materiali economici ed eco compatibili. Ma perché abbiamo bisogno di cambiare il modo in cui immagazziniamo energia? Secondo gli scienziati rappresenta il primo passo verso un futuro fatto di batterie economiche da realizzare, eco sostenibili e molto capienti. Insomma la rivoluzione che tutti attendono. Ecco tre cose che bisogna sapere su questa fonte di energia del futuro e sul motivo per cui è il momento di eliminare gradualmente le batterie che arrugginiscono.
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La batteria del protone è composta da materiali molto più abbondanti
L’offerta di litio del pianeta è concentrata in pochi paesi e gli altri metalli delle terre rare che entrano nelle batterie al litio sono una risorsa sempre più scarsa e costosa. Al contrario, la batteria del protone ha un elettrodo di carbonio, uno dei materiali più abbondanti sul nostro pianeta, e si carica dividendo le molecole d’acqua.
È ricaricabile
La batteria RMIT può essere inserita in una porta di ricarica come qualsiasi altra batteria ricaricabile. Quello che succede dopo è straordinariamente semplice: l’elettricità dalla rete elettrica divide le molecole d’acqua, generando protoni, che si legano con il carbonio nell’elettrodo della batteria. I protoni vengono quindi rilasciati nuovamente per passare attraverso la cella a combustibile, dove interagiscono con l’aria per formare acqua e generare energia.
gli esperimenti hanno dimostrato che la minuscola batteria, con una superficie attiva di soli 5,5 centimetri quadrati (0,85 pollici quadrati), poteva accumulare più energia per unità delle batterie agli ioni di litio disponibili in commercio.
Produce zero emissioni di carbonio
Il litio delle batterie tradizionali e gli altri metalli delle terre rare possono avere una serie di conseguenze ambientali, tra cui il dumping di sostanze chimiche negli ecosistemi e la bonifica della terra. Oltre all’impronta di carbonio delle miniere, la lavorazione dei materiali conduttivi richiede energia significativa, che ancora più spesso significa elettricità che proviene dai combustibili fossili.
Nel frattempo, produrre il carbonio e l’acqua necessari per questa nuova batteria hanno praticamente zero impatto ambientale; attualmente, il principale impatto delle emissioni della batteria sarebbe la fonte dell’elettricità utilizzata per caricarla. Secondo il capo ricercatore del progetto, John Andrews, quando la batteria è disponibile, sarà addirittura competitiva con Powerwall ll di Tesla.
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Cos’è realmente una batteria ai protoni?
Scienziati universitaria del RMIT sono riusciti nell’intento di sviluppare la prima batteria protonica al mondo ricaricabile. Questa tecnologia sfrutta un elettrodo di carbonio per immagazzinare l’idrogeno che combinato con una cella a combustibile reversibile produce elettricità. Quando questa batteria si ricarica, il carbonio presente nell’elettrodo si lega con i protoni ottenuti dalla scissione dell’acqua che viene effettuato utilizzando elettroni dall’alimentazione collegata. Quando invece è in azione i protoni passano attraverso la pita a combustibile con l’ossigeno per generare la potenza.
Si tratta di un batteria molto più ecologia della contro parte al litio e al tempo stesso hanno il potenziale per immagazzinare più energia. Al momento, gli scienziati hanno prodotto solo un prototipo su scala ridotta. Per averne delle versioni utilizzabili commercialmente dovremmo aspettare almeno altri 5 o 10 anni.
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