Beatrice Belcuore è la carabiniera di 24 anni della Scuola Allievi Marescialli di Firenze che si è tolta la vita sparandosi dopo essersi barricata in una delle aule dell’istituto. Una lettera della famiglia, adesso, vuole fare riflettere sulla problematica dei suicidi nelle forze armate e fa emergere i dolorosi messaggi della ragazza a sua madre.
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“Beatrice voleva lasciare subito la scuola”
Esordisce così la lettera della famiglia, indirizzata al sindacato Unarma. “Beatrice nei primi giorni di frequentazione della scuola aveva manifestato l’intenzione di abbandonare il percorso appena intrapreso, anche se quel percorso era da sempre stato il suo sogno. Questo poiché aveva percepito quello che ci riferiva essere un ambiente estremamente rigido e totalitario. Successivamente decise invece di continuare in quanto, avendo già avuto esperienza di vita militare, prima nella Marina Militare e poi nell’Arma dei Carabinieri, si era convinta che il regime di trattamento così restrittivo rientrasse nella logica di un periodo propedeutico iniziale atto a testare in prima battuta le capacità di resilienza dei futuri marescialli. Ma purtroppo questo non corrispondeva a realtà: le condizioni di pieno inasprimento e i ritmi di vita serrati sono continuati. Beatrice aveva molto a cuore l’Arma ma alcune disposizioni non le erano chiare e le reputava prive di valore formativo”.
“Mi stanno rovinando la vita”
Le condizioni in cui viveva ogni giorno Beatrice, che faceva parte del Secondo battaglione e stava per concludere il secondo anno di corso, l’avevano profondamente segnata. Il padre, anche lui carabiniere, lo racconta nel dettaglio, inserendo anche stralci di conversazioni e messaggi scambiati in quei pochi momenti in cui la figlia poteva usare il telefono.
“Nei giorni precedenti la propria morte Beatrice manifestava molti dei sintomi attribuibili a una condizione di forte stress psicofisico, difatti riferiva alla madre che stava perdendo i capelli e che non ne poteva più di sottostare a quelle “regole” poco funzionali e che si insinuavano in ogni ambito della propria vita. Inviava spesso le foto di come era costretta a vestirsi in abiti borghesi per poter avere un paio di ore di svago concesse durante la libera uscita, del fatto che doveva necessariamente tenere i capelli raccolti, tirati al punto e che li stava perdendo anche per andare in piscina. Diceva sempre più spesso alla mamma ‘questa scuola mi sta rovinando la vita’“.
“Non lasciate indietro nessuno”
Quindi la richiesta di riflessione al corpo militare: “La perdita di Beatrice per noi si è accompagnata a una presa di consapevolezza importante, quella per cui se un’istituzione dà più valore alle formalità che alla formazione e crescita personale dell’individuo conduce al fallimento.
Beatrice ha fatto una scelta che nessuno potrà mai comprendere, ma la società nella quale viviamo, le istituzioni che noi serviamo con lealtà e onore, hanno il dovere di non lasciare indietro nessuno, hanno il dovere di interrogarsi continuamente sullo stato di salute mentale del proprio personale, di guardare negli occhi gli uomini e le donne in uniforme, ancor prima di guardare il grado che indossano”.
La risposta del sindacato
Unarma, il sindacato dei militari che ha raccolto e diffuso la lettera perché “esterrefatto su quanto contenuto nel documento”, si è detto pronto a impegnarsi per indagare a fondo su quanto accaduto e per adottare misure efficaci volte a garantire il benessere psicologico e la salute mentale di tutti i suoi membri. “Condividiamo il desiderio della famiglia di fare luce su questa situazione e di affrontare il problema dei suicidi tra i membri delle Forze Armate e di polizia con la massima serietà e impegno”.
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