Benedetta La Mattina, mamma di 40 anni, impiegata al call center Comdata a Palermo, è una delle più giovani pazienti finite in Terapia intensiva in Sicilia a causa del coronavirus. L’ultimo pensiero, prima di perdere i sensi, è stato per i suoi bambini: “Sono troppo piccoli per restare senza la mamma”. Poi Benedetta ha chiuso gli occhi e si è addormentata. Li ha riaperti otto giorni dopo, quando i medici l’hanno staccata dal respiratore: “Era l’8 aprile, Giovedì santo e cinquantesimo anniversario di nozze dei miei genitori. Adesso è anche il giorno della mia resurrezione”. Dopo un mese di ricovero, Benedetta è riuscita a vincere la sua battaglia contro la malattia che sta mettendo in ginocchio il Mondo intero: “Un grazie speciale – ha detto commossa la donna al quotidiano la Repubblica – va ai medici e agli infermieri della Rianimazione dell’ospedale di Partinico che mi hanno salvata e mi sono stati vicini come una vera famiglia”.![](data:image/svg+xml,%3Csvg%20xmlns='http://www.w3.org/2000/svg'%20viewBox='0%200%20800%20500'%3E%3C/svg%3E)
Dopo aver effettuato anche il secondo tampone di controllo con risultato negativo, Benedetta è finalmente libera di tornare a casa e riabbracciare la sua famiglia: “Non vedo l’ora di rivedere i miei figli”. Il maggiore ha nove anni, la piccola cinque. Non li vede dal 25 marzo. “Ho iniziato ad avere la febbre il 15 – ha raccontato la donna – e dopo cinque giorni ancora non passava”. Nel frattempo si scopre che un collega è risultato “positivo”. Per paura di aver contratto il virus, Benedetta si auto isola dentro una stanza di casa: “Mio figlio è immunodepresso e temevo di poterlo contagiare”. I sintomi non passano e il medico di famiglia chiama l’ambulanza che la porta al pronto soccorso dell’ospedale Cervello. Dopo il tampone positivo e la Tac che rileva la polmonite, viene trasferita a Partinico. Inizialmente viene ricoverata nel reparto di Malattie infettive. I suoi compagni di stanza sono proprio il collega risultato “positivo” per primo e la moglie. Nel call center di via Ugo La Malfa, dove lavorano 150 persone, il bilancio finale sarà di tre contagiati.
![](data:image/svg+xml,%3Csvg%20xmlns='http://www.w3.org/2000/svg'%20viewBox='0%200%20800%20500'%3E%3C/svg%3E)
Dopo quattro giorni di ricovero, Benedetta peggiora. “Il casco sulla testa mi opprimeva, era come stare su un aereo, faticavo ad alzarmi”. La situazione precipita e viene trasferita in Terapia intensiva. “Abbiamo fatto tutti il tifo per lei – ha raccontato un rianimatore – i miei figli hanno la stessa età dei suoi”. Per otto giorni è rimasta in coma farmacologico. Poi il risveglio: “Avevo ancora tanta paura di morire. Mi sentivo senza forze, non riuscivo a mangiare né a parlare”. Appena ha riacceso lo smartphone, ha trovato un fiume di messaggi di amici e colleghi. La prima telefonata è stata con suo padre: “È la persona che mi è stata più vicina”. La seconda con il marito e i bambini: “Mi hanno chiesto dove ero stata e quando sarei tornata a casa”.
![](data:image/svg+xml,%3Csvg%20xmlns='http://www.w3.org/2000/svg'%20viewBox='0%200%20800%20500'%3E%3C/svg%3E)
“La storia di questa giovane mamma – ha detto il direttore sanitario, Antonino Di Benedetto – ci ha colpito particolarmente. I pazienti che finiscono in Terapia intensiva per coronavirus hanno in genere un’età più alta. Nonostante non avesse problemi di salute particolari, ha avuto una forma molto aggressiva. La sua guarigione è una gioia per tutti e ripaga i sacrifici di chi lavora in questi reparti ad alto rischio. Molti non vedono i loro familiari da settimane per paura di contagiarli”.
Ti potrebbe interessare anche: Morto a 38 anni l’epidemiologo Andrea Farioli: “Studiava il coronavirus, negli ultimi giorni era stanco”