Era uno dei punti del contratto di governo gialloverde, con Salvini e Di Maio che nello stringersi la mano avevano messo tra le priorità delle rispettive squadre “eliminare le componenti anacronistiche delle accise sulla benzina”, ipotizzando prima uno sconto di 20 centesimi e poi auspicando un’imminente diminuzione di 11,3 centesimi al litro, che si sarebbe tradotta in oltre 4 miliardi in meno di introiti per l’erario, Iva esclusa.
Un punto che però al momento non è ancora stato realizzato. Il primo consiglio dei ministri del governo Lega-M5S, così come l’ultimo, non ha mai tagliato le accise. In compenso però il governo studia come aumentare il carburante tagliando le agevolazioni fiscali che danneggiano l’ambiente. Il piano è sul tavolo del governo — con la sponsorizzazione della sottosegretaria al Tesoro Laura Castelli (M5S) — e mette nel mirino almeno sette sconti, prevalentemente sull’Iva, che costano alle casse dello stato 16 miliardi l’anno.
Intanto però, racconta oggi Il Fatto in un articolo a firma di Patrizia De Rubertis, i prezzi dei carburanti a marzo hanno segnato un aumento del 2,7% su base annua, tornando a salire dopo il calo di febbraio (-0,5%). Secondo l’Istat, che ha rilevato le stime, il dato tendenziale dello scorso mese è il più alto da novembre del 2018 (+8,4%). Nel dettaglio, il diesel è salito del 2,6% su febbraio e del 5,3% sul 2018 (da +1,7%), mentre la benzina è aumentata del 2,4%rispetto al mese precedente con un’ inversione di tendenza su base annua:da-3,0% a+0,3%.
Ad aprile il prezzo a livello internazionale è destinato a salire a causa della corsa del petrolio che ha raggiunto i massimi dell’anno, sfiorando i 70 dollari al barile. Le accise sulla benzina nel 2017 hanno garantito introiti per le casse dello Stato per 26,7 miliardi.
Accise sulla benzina, la promessa tradita di Salvini agli italiani