L’innovazione e le nuove tecnologie sono diventate oramai imprescindibili nella nostra vita privata, come sul lavoro. Di qualunque tipologia professionale si tratti, il futuro ci riserva ruoli specifici che hanno a che fare soprattutto con i servizi digitali, sempre più dilaganti e performanti.
Nella nostra vita contemporanea, tutto si rinnova e tutto si trasforma velocemente. Siamo connessi 24ore su 24 grazie a dispositivi che rendono la nostra quotidianità capace di trasformarsi secondo le nostre esigenze.
Anche le aziende di conseguenza, hanno compreso la necessità e le potenzialità per sfruttare i big data. Raccogliendo, analizzando e migliorando i dati, anche il business migliora poiché sarà perfezionata l’esperienza del cliente.
Certo, la protezione dei dati sensibili resta comunque qualcosa da proteggere e preservare, ma resta indubbio il fatto che sia necessario garantire una maggiore sicurezza sul lavoro.
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Big data: lo studio
Il successo delle imprese che hanno investito sul digitale e sullo sviluppo di nuove professioni, hanno senza dubbio consolidato una struttura organizzata che ha favorito una cultura interamente dedicata ai big data.
Anche le aziende meno innovative, che sono rimaste indietro rispetto alla sperimentazione tecnologica e all’inclusione di nuove pratiche, possono darsi da fare colmando le lacune semplicemente puntando su figure competenti e preparate e cambiando i meccanismi interni.
Per questo sono stati effettuati studi e ricerche approfondite, al fine di imparare a sfruttare le enormi risorse a disposizione, riuscendo a creare un vero e proprio business.
Fra questi, Gabriele Troilo e Paolo Guenzi dell’Università Bocconi, insieme a Luigi M. De Luca dell’Università di Cardiff hanno pubblicato “Linking Data-Rich Environments with Service Innovation in Incumbent Firms: A Conceptual Framework and Research Propositions”.
Lo studio dà l’idea di come le aziende possano utilizzare i big data non solo attraverso la tecnologia ma adottando una mentalità che ha a che fare con competenze adeguate, ruoli specifici e processi all’avanguardia.
La ricerca, nel concreto, mostra quali sono i meccanismi organizzativi che rendono favorevole e auspicabile la realizzazione dei risultati offerti dai Big Data.
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Un nuovo modello organizzativo
“ll vero tema connesso ai big data non è di tipo tecnologico, ma manageriale-organizzativo”, afferma Gabriele Troilo. Il semplice investimento sull’innovazione tecnologica non rende performante un’azienda: occorre la necessità di adottare nuovi modelli organizzativi, comprendendo i valori dei Dati e come poterli utilizzare soddisfacendo il cliente e aumentando il business.
Solo in questo modo le aziende pre-digital, ovvero nate prima della rivoluzione digitale potranno sopravvivere e investire nel futuro.
Stessa cosa per l’acquisizione di nuovi ruoli: “Si fa un gran parlare di data scientist. Tutti gli intervistati ci hanno spiegato che il data scientist non deve avere solo competenze tecniche, ma anche di business e relazionali. Deve assumere un ruolo educativo, comunicare con le altre funzioni, aiutare le persone che prendono decisioni a capire il valore del dato”.
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