Un caso di malasanità al limite del credibile si è verificato presso l’Ospedale Vito Fazzi di Lecce. Un bambino di 9 anni, ricoverato a seguito di una grave crisi respiratoria, è stato dimesso con entrambe le gambe fratturate. Il piccolo, affetto da una rara patologia genetica, era stato trasferito nel reparto di Emergenza e Accettazione dell’ospedale, ma al momento delle dimissioni, dopo aver lamentato dolori persistenti, si è scoperto che aveva entrambe le ginocchia fratturate. La famiglia, incredula per quanto accaduto, ha deciso di sporgere denuncia, e la Procura di Lecce ha immediatamente aperto un’inchiesta per lesioni personali gravissime.
I fatti risalgono al 19 agosto, quando il bambino è stato portato in ospedale dai genitori per una crisi respiratoria. Durante la degenza, i genitori hanno notato un gonfiore sospetto che si estendeva dal bacino fino alle ginocchia del bambino. Nonostante le segnalazioni ai medici, il rigonfiamento è stato attribuito a dolori di natura posturale. Tuttavia, una volta tornato a casa, il bambino è stato sottoposto a ulteriori accertamenti, che hanno confermato la gravità della situazione: entrambe le ginocchia risultavano fratturate.
L’inchiesta, avviata dalla Procura di Lecce, mira a far luce su quanto accaduto durante il ricovero. Si cercano risposte su come sia stato possibile che nessuno abbia individuato in tempo le fratture e il rigonfiamento. Resta da chiarire come tali lesioni siano potute verificarsi nel corso del ricovero e perché i controlli medici non abbiano evidenziato la situazione.
L’episodio ha sollevato molte domande sulla gestione della degenza del bambino. Cosa è accaduto nel corso della sua permanenza in ospedale? Perché nessun medico, durante i consueti controlli, ha notato i segni evidenti di una condizione così grave? Al momento, tali quesiti rimangono senza risposta.
L’intera vicenda è ora sotto la lente della magistratura, che dovrà fare chiarezza sull’accaduto. La famiglia, assistita dall’avvocato Roberto Stanislao, attende risposte definitive e chiede giustizia per il proprio figlio.