Meglio il prezzo fisso o variabile? E’ la domanda delle domande, l’interrogativo che si pongono tutti gli italiani che si trovano a scegliere un’offerta di luce o gas sul mercato libero. Per il gas, dove il mercato tutelato si è concluso a fine 2023, molti consumatori la scelta l’hanno già fatta. Per l’energia elettrica invece sono molte le famiglie ancora in tutela che, entro luglio 2024, dovranno trovarsi un fornitore sul mercato libero. E secondo un’analisi su 150mila bollette realizzata da Switcho, il servizio digitale che aiuta i suoi utenti a risparmiare sulle spese di luce, gas, telefonia e assicurazione, i consumatori che hanno optato per un prezzo fisso sono sì una minoranza, ma comunque corposa. Vediamo insieme le differenze.
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Energia elettrica: come cambiano le gerarchie degli operatori dopo le aste
Il prezzo fisso consente di bloccare il costo della materia prima energia, generalmente per 12 o 24 mesi. È un tipo di contratto che dà qualche certezza in più al cliente, perché quello dell’energia non è un prezzo statico: cambia ogni giorno a livello internazionale in base ai volumi della domanda, a eventi geopolitici (come lo scoppio della guerra in Ucraina che contribuì al rincaro del 2022), senza contare le variabili nazionali, ad esempio se un Paese è più o meno indipendente o ha bisogno di acquistare materia prima dall’estero. Il variabile, invece, segue le fluttuazioni del mercato che vengono riportate dagli indici (di qui la dicitura “prezzo indicizzato”): Psv per il gas, Pun per l’energia elettrica. Si tratta quindi di un prezzo più volatile, e chi sottoscrive offerte di questo tipo non può permettersi di ignorare le dinamiche di mercato o di leggere in modo distratto la bolletta. Perché se il costo della materia prima aumenta, crescerà anche l’importo della bolletta.
Solo una minoranza blocca il prezzo
E qui torniamo ai dati di Switcho, , riportati da Repubblica, che ha monitorato i passaggi al mercato libero degli ultimi sei mesi. Nell’energia elettrica, il 32% dei clienti in uscita dalla tutela ha scelto offerte a prezzo fisso; per il gas questa fetta di utenti è più piccola: il 25% ha deciso di bloccare il prezzo. Si tratta comunque di un consumatore su quattro per la luce e di uno su tre per il gas: non così pochi se si considera che il prezzo fisso è più caro rispetto al variabile: “Un utente medio con la migliore offerta luce e gas a prezzo fisso spenderà annualmente circa 100 euro in più rispetto a un utente con la migliore offerta a prezzo variabile, considerando ovviamente l’attuale prezzo all’ingrosso dell’energia” spiega Redi Vyshka, co-fondatore di Switcho, al Corriere della sera. Prezzo fisso più caro, quindi, ma perché? “Si tratta di un’eredità della crisi energetica – continua Vyshka – prima della crisi il mercato era statico, pressoché senza oscillazioni e i fornitori erano in grado di fare stime relativamente certe sull’andamento del mercato. Potevano così proporre tariffe a prezzo fisso convenienti. Con la crisi, i fornitori sono diventati più timorosi e, spaventati dalla possibilità di improvvisi rialzi del costo delle materie prime, al momento propongono offerte a prezzo fisso con tariffe meno competitive. Le tariffe a prezzo variabile, oggi, sono più convenienti proprio perché il prezzo della materia prima è tornato ai valori antecedenti alla crisi”. Tuttavia, non tutte le offerte sono uguali. E per gli amanti del prezzo bloccato non tutto è perduto. Per la luce, infatti, alcuni operatori stanno proponendo tariffe a prezzo fisso molto convenienti ai consumatori ancora in tutela, soprattutto nei territori in cui gli operatori “storici” hanno perso le aste per le tutele graduali: una strategia “aggressiva” per cercare di non perdere schiere di clienti a luglio, quando finirà la tutela per i non vulnerabili.